Lo scontro all'anno giudiziario

Nordio tira dritto sulla riforma e striglia le toghe

Il Guardasigilli rimprovera ai magistrati le “interpretazioni fantasiose” delle nuove norme. Duro Pinelli: “Non spetta a voi intervenire sul potere esecutivo”

Giustizia - di Angela Stella

26 Gennaio 2025 alle 22:00

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Lo scontro tra politica e magistratura supera ogni dato statistico. Ed è così che l’inaugurazione dell’anno giudiziario ieri in Cassazione, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, si è trasformata una difesa della corporazione da un lato e una rivendicazione del primato della politica dall’altro. Per il ministro Nordio, la riforma per la separazione delle carrieresi presenta, per quanto riguarda l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, con una chiarezza cartesiana di rocciosa solidità. Ogni fantasia speculativa su variazioni futuribili è un’arbitraria interpretazione divinatoria. Il legislatore procederà senza esitazione, nella fiduciosa ma incondizionata acquiescenza al referendum popolare che suggellerà questo iter complesso”.

Molto più duro l’intervento del vice presidente del Csm, Fabio Pinelli: “La magistratura interviene legittimamente nel dibattito e porta il proprio contributo di competenza, ma non deve divenire parte del conflitto. Anzi, nella società dei conflitti, in cui ogni contrasto è portato davanti al giudice, è proprio la magistratura a porre la parola fine ai conflitti stessi. Se tale connotazione fondante finisse per essere smarrita, la magistratura degraderebbe da soggetto costituzionalmente imparziale a soggetto che partecipa al conflitto. Ogni organo dello Stato, a ben vedere, deve saper trovare e riconoscere la propria identità costituzionale, l’aspetto che potremmo definire formante. Ogni perdita di identità provoca smarrimento. Ebbene, l’identità dell’essere magistrato non postula la possibilità di essere “di parte”.

La prima presidente di Cassazione, Margherita Cassano, si è concentrato molto sul tema carcerario: nonostante “la natura di estrema ratio della detenzione in carcere, la valorizzazione delle misure alternative, l’estensione del divieto di retroattività della legge penale sfavorevole (art. 25, comma secondo, Cost.) anche alle norme sull’esecuzione della pena che hanno concreta incidenza sulla libertà personale del condannato, si assiste ad un progressivo aumento delle presenze in carcere”. Questo scenario – “ sovraffollamento, insieme con il degrado materiale in cui versano taluni istituti penitenziari” per la prima magistrata d’Italia “rischia come osservato dalla Corte costituzionale e dalla Corte Edu – di sottoporre i detenuti ad una ‘prova d’intensità superiore all’inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione’, rende assai difficile l’accesso alle misure trattamentali previste dall’ordinamento penitenziario in funzione di recupero, vanifica il rispetto della dignità della persona, crea i presupposti di possibili ricadute nel reato. In uno Stato democratico il carcere non può essere un luogo di mortificazione della dignità umana”.

Ha poi aggiunto: “Suscita sgomento il numero di suicidi all’interno del carcere e “l’età media delle persone che si sono suicidate è di circa 40 anni”. Poi l’auspicio: “Deve risuonare nelle coscienze di ciascuno di noi il monito del presidente della Repubblica a scongiurare che la persona ristretta in carcere viva in condizioni angosciose e disperanti, ‘indecorose per un Paese civile’, tali da costringerla a gesti estremi”. Chissà se la coscienza del Guardasigilli ha avuto un sussulto. Il procuratore generale Luigi Salvato invece ha mosso anche delle critiche nei confronti dei magistrati troppo attratti dall’esposizione pubblica e dal bisogno di processare fenomeni e non singoli fatti di reato: “La centralità della giurisdizione è stata scambiata in qualche caso con l’avvento di una nuova etica pubblica e forse, purtroppo, qualche magistrato lo ha creduto, giungendo talora a forzare il principio di legalità, anche sulla scorta del consenso, con il rischio di una sorta di populismo giudiziario. La Magistratura deve dimostrarsi consapevole dell’essenzialità del proprio ruolo con umiltà, senza improprie finalità di redenzione sociale”.

Dall’altra parte però ha anche sottolineato che “l’equilibrio fissato dalla Costituzione impone che i poteri si riconoscano reciprocamente, senza infingimenti legati al contingente, con uno sguardo lungo sul bene delle Istituzioni, senza denunciarne la contraffazione quando inesistente, senza indirette rivalse che sgretolino l’indipendenza della giurisdizione; mai può giovare all’equilibrio tra poteri una Magistratura inutilmente sfregiata, agli occhi dei cittadini, dell’indispensabile autorevolezza della giurisdizione”.

26 Gennaio 2025

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