Ultima parola a Milei
L’asse Milei-Meloni sulla pelle di Bertulazzi: l’ex Br verso l’estradizione per una condanna di 50 anni fa
Nordio ha insistito molto con il suo omologo argentino affinché l’ex militante delle Br, oggi ai domiciliari, all’età di 74 anni sconti in prigione in Italia una condanna a 27 anni per fatti di quasi mezzo secolo fa.
Giustizia - di Frank Cimini

Un messaggio nella notte dall’Argentina da Leonardo Bertulazzi: “C’è stato il giudizio di estradizione che si è concluso con il si all’estradizione. Fra qualche giorno avremo la motivazione della sentenza. Quindi il ricorso alla Corte Suprema, ultima a pronunciarsi”. Bertulazzi agli arresti domiciliari dopo tre settimane di carcere deve scontare in Italia una condanna a 27 anni per sequestro di persona, associazione sovversiva e banda armata: reati commessi nel 1977 quando aveva 26 anni.
Dopo la decisione della Cassazione Argentina l’ultimissima parola spetta al presidente Milei che ha parlato più volte del caso con il presidente Meloni mentre il ministro Nordio di recente lo aveva fatto con il suo omologo di Buenos Aires. Nordio ha insistito affinché Bertulazzi finisca nelle nostre galere a 74 anni. E lo ha fatto proprio nei giorni in cui liberava il torturatore libico Almasri rimandandolo a Tripoli con un volo di Stato eludendo l’ordine della Corte Penale Internazionale.
Tra i fatti che vengono contestati a Bertulazzi c’è il sequestro nel gennaio del 1977 di Pietro Costa discendente della famosa famiglia di armatori genovesi. Il riscatto che le Br riuscirono a ottenere serviva tra le altre cose anche per l’acquisto dell’appartamento di via Montalcini a Roma dove nella primavera del 1978 venne tenuto prigioniero Aldo Moro.
E questo dettaglio ha scatenato i dietrologi e complottisti nostrani in servizio permanente effettivo pronti a formulare le solite stravaganti ipotesi sui misteri inesistenti del caso Moro, su ulteriori responsabilità di Bertulazzi nonostante questi in quel periodo si trovasse in carcere. Bertulazzi era riparato all’estero nel settembre del 1980 dopo una sparatoria con la polizia. Prima la fuga in Grecia, poi in Portogallo e infine in Argentina dove nel 2004 otteneva lo status di rifugiato. Anche per questa ragione i giudici di Buenos Aires decidevano per gli arresti domiciliari. Fino all’insediamento di Milei l’Argentina aveva sempre negato l’estradizione e anzi aveva concesso l’asilo politico. Tutto è cambiato grazie agli ottimi rapporti (eufemismo) tra i due governi. Del resto Roma con esecutivi di diverso colore ha sempre tentato di artigliare e riportare in patria persone che avevano commesso reati circa mezzo secolo fa.
Il giorno del rientro di Cesare Battisti era Mattarella ad annunciare: “E adesso gli altri”. Partiva per iniziativa del ministro Marta Cartabia l’operazione Ombre Rosse a carico di una decina di rifugiati a Parigi. Con risultati disastrosi per il governo italiano perché la magistratura francese respingeva tutte le richieste a causa dei processi fatti in contumacia. Una regola che vale o dovrebbe valere anche in Argentina. Il condizionale è d’obbligo. Il problema è diventato tutto politico. Insomma ci stanno provando con Bertulazzi e purtroppo con buone prospettive di fare bingo con la vendetta di Stato.