Il bivio della segretaria

Partito democratico spaccato: Elly Schlein a un bivio

Dalla strada che imboccherà dipendono il futuro del partito che guida e quello della sinistra in Italia. L’occasione per cambiare davvero il Pd, fondandolo come soggetto politico reale, Schlein ce l’ha ora

Politica - di David Romoli

14 Marzo 2025 alle 14:30

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Photo credits: Giulia Palmigiani/Imagoeconomica
Photo credits: Giulia Palmigiani/Imagoeconomica

Elly Schlein ha di fronte a sé un bivio e dalla strada che imboccherà dipendono in buona misura il futuro del partito che guida e quello della sinistra in Italia. Il partito che in oltre 15 anni non era riuscito a dotarsi di una vera identità politica, e per questo si era ridotto a un cartello di capibastone privo di qualsiasi appeal anche elettorale, può conquistare una fisionomia netta intorno al tema più importante e qualificante che ci sia: quello della pace o della guerra.

La mediazione tentata a Strasburgo offrendo alla minoranza favorevole alla parata del riarmo l’astensione al posto del voto contrario a viso aperto si è risolta in un disastro. La segretaria non è finita in minoranza solo grazie al voto di tre indipendenti che hanno rinunciato a votare secondo coscienza per sostenerla. Tarquinio e Strada hanno rinunciato a malincuore a un sincero voto contro il progetto della federmarescialla Von der Leyen. Annunziata ha addirittura cambiato il voto a votazione terminata, accampando la probabile scusa di un pulsante premuto per errore in modo da trasformare il suo sì in astensione. Conte non perde l’occasione per lucrare sulla vicenda: “L’astensione è la cosa più incomprensibile. Di fronte alla guerra come si fa non pronunciarsi?”.

Nel partito la tregua in vigore, nonostante molte tensioni, dal congresso in poi è in brandelli. L’ipotesi di un congresso eccezionale, o almeno di una conferenza programmatica, da fantasiosa trovata è diventata in pochi giorni una prospettiva non irrealistica. La minoranza in realtà non ha alcuna voglia di andare alla conta, prevedendo la sconfitta. A brandire la possibilità di uno showdown congressuale è la stessa leader, sicura di uscirne vincente con una percentuale molto maggiore di due anni fa. Ma neppure lei ci crede sul serio: teme che a uscirne indebolito sarebbe il partito, se non la posizione di chi lo guida.

La situazione ha un aspetto surreale. Mentre le due fazioni contrapposte si minacciano di ordalia congressuale, lavorano anche per ricucire le divisioni inventandosi una posizione unitaria, giocoforza posticcia, da sfoderare nel dibattito parlamentare della settimana prossima, giusto per poter dire che il partito è ancora unito anche se la realtà è opposta. In un certo senso la rappresentazione più plastica e fedele dell’ambiguità che rischia di imporsi nel Pd e nella sinistra è la piazza “europeista” di domani. Ci saranno fianco a fianco i paladini di posizioni non diverse ma opposte, i sostenitori del riarmo e di una politica sempre più bellicosa e quelli che considerano il ReArm Europe una follia pericolosa.

La segretaria, furibonda per l’esito della prova di Strasburgo, non ha intenzione di cambiare posizione e non lo farà. Ma la tentazione di annacquare pur senza rovesciare, in nome della pace all’interno del partito, quella invece c’è. Ma imboccare quella strada apparentemente ragionevole sarebbe per Elly esiziale da tutti i punti di vista. Politicamente perderebbe l’occasione per fare del Pd un vero partito di sinistra, con posizioni chiare e marcate almeno sui fondamentali, a partire da quello che in passato era un punto fermo intangibile sia per i comunisti italiani che per la sinistra democristiana: la difesa della pace, il rifiuto della logica mirabilmente riassunta dalla presidente von der Leyen con la formula “pace attraverso la forza”.

Quanto alla sua segreteria, rinunciare a una posizione chiara equivarrebbe per Schlein a mettere la testa sotto una ghigliottina a tempo. I capibastone che oggi la appoggiano perché la considerano necessaria per recuperare i consensi che il Pd aveva perso non esiterebbero a sacrificarla se in ballo ci fosse l’opportunità di tornare in qualche modo al governo e se la posizione “movimentista” della segretaria outsider fosse un ostacolo su quella via. L’occasione per cambiare davvero il Pd, in un certo senso fondandolo come soggetto politico reale, Elly Schlein ce la ha ora. Nel partito e soprattutto nell’elettorato gode di una maggioranza ampia. Le forze più moderate del socialismo europeo sono in condizione di debolezza troppo estrema per metterla alle strette. Lo stesso presidente Mattarella, per quanto probabilmente nutra molti dubbi sulle posizioni assunte dalla segretaria del Pd, difficilmente porterà ai limiti più estremi il suo dissenso. Se ne avrà il coraggio, Elly può farcela e per la esangue sinistra italiana cambierebbe tutto.

14 Marzo 2025

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