La manifestazione a Roma
Per il riarmo europeo spendiamo 800 miliardi, cosa resta del welfare state?
Spendere altri 800 miliardi di euro per una difesa europea sottraendo soldi a quel che resta del welfare state? A quel punto Putin e i suoi alleati avranno già vinto anche senza sparare. Altro che spirito di Ventotene
Politica - di Giancarlo Summa

Si deve a Publius Flavius Vegetius Renatus, un aristocratico vissuto nel IV secolo d. C., mai stato soldato di carriera ma autore di un celebre trattato sulla strategia militare dell’Impero Romano, la celebre frase igitur qui desiderat pacem, praeparet bellum: dunque, chi aspira alla pace, prepari la guerra. Nel corso del tempo, la locuzione è stata abbreviata e abusata: si vis pacem, para bellum.
Nella troppo lunga lista di guerre, battaglie, massacri, stragi e conflitti vari che hanno segnato da sempre la presenza dell’homo sapiens (forse non così sapiente) sul nostro pianeta, è difficile individuare un solo episodio storico in cui la preparazione della guerra abbia portato la pace. Chi prepara la guerra, avrà la guerra. Quando ero ragazzo, cosa dei primi anni 80 del millennio scorso, come tanti della mia generazione mi avvicinai alla politica attraverso l’allora possente movimento per la pace. Ho perso il conto delle manifestazioni, assemblee, marce, conferenze, sit-in, congressi, campeggi, concerti “per la pace” a cui partecipai in quegli anni. Scendevamo per le strade contro l’istallazione degli “euromissili” (e ne prendemmo di manganellate dalla polizia davanti alla base in costruzione a Comiso, in Sicilia), in solidarietà col sindacato Solidarnosc in Polonia, contro la minaccia di intervento militare Usa in America Centrale, contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan.
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Lo slogan che gridavamo a pieni polmoni era: “Né un soldo né un soldato, né per Varsavia, né per la Nato”. Pochi anni dopo, venne il crollo del Muro di Berlino (che festeggiai) e l’implosione dell’Unione Sovietica (che mi lasciò perplesso e preoccupato, purtroppo giustamente, per quello che sarebbe potuto accadere in futuro). Passati quasi 35 anni, di Varsavia (intesa come Patto di) non c’è più traccia fuori dai libri di storia e dei ricordi, mentre la Nato si è allargata fino a comprendere 32 paesi membri, vari dei quali facevano parte del fronte avversario durante la guerra fredda.
La manifestazione a Roma
Sabato scorso si è tenuta a Roma una manifestazione “per l’Europa”, indetta su ispirazione di un bravissimo e molto simpatico collega dei miei giovani anni di giornalista dell’Unità, Michele Serra. A questa manifestazione, a differenza di quelle del passato remoto, sono stato assente giustificato: vivo a Parigi. Ma anche mi se fossi trovato a Roma, non credo che sarei andato a piazza del Popolo. Europeo, sono e mi sento profondamente, anche se dopo decenni in giro per il mondo e una quindicina d’anni passati lavorando per le Nazioni Unite, soprattutto mi sento umano, e tale aspiro a restare. L’idea che per difendere l’Europa occorra calcarsi l’elmetto non mi convince affatto.
Non ho alcuna simpatia né offro giustificazioni per Putin e gli atti del suo regime autoritario, decadente (e perciò aggressivo e pericoloso), oscurantista e nazionalista. Ma a quale Europa e quali valori ci riferiamo? A quella che blinda le sue frontiere e lascia annegare decine di migliaia di disperati nel Mediterraneo (quando non li consegna ai tagliagole libici)? All’Europa dell’estrema destra di Orban, Meloni, Le Pen, Weidel, Abascal? Ai nove paesi dell’UE in cui l’estrema destra è al governo? Ai leader europei senza statura che continuano a scodinzolare orfani davanti a Trump, sperando in un impossibile ripensamento di strategia e al ritorno della ormai defunta pax americana? All’Europa ipocrita che si strappa i capelli per l’Ucraina ma chiude occhi e orecchie per ignorare quanto Israele viene perpetrando in Palestina (non solo dall’8 ottobre 2023: dal 1948)?
Benissimo se la Germania abbandona finalmente la sua ossessione per l’iperinflazione di Weimar e accetta finalmente la banale idea che, quando ce n’è bisogno, gli Stati possono e devono spendere quanto va speso. Ma chiunque si occupi di queste cose seriamente, sa che tutte le politiche di austerità (chiamate di aggiustamento strutturale nei paesi in via di sviluppo) hanno come conseguenza politica pressoché inevitabile l’ulteriore rafforzamento politico e la crescita dell’egemonia culturale dell’estrema destra. E che coincidenza che i leader dell’estrema destra siano amici e ammiratori, allo stesso tempo, di Putin, Netanyahu e Trump. È totalmente insensato pensare di spendere ulteriori 800 miliardi di euro per una imprecisata difesa europea (solo nel 2024, i 27 paesi della UE ne hanno già spesi oltre 450) se questi soldi verranno sottratti a quel che resta del claudicante welfare state. A quel punto, Putin e i suoi alleati avranno già vinto politicamente senza dover sparare una sola cartuccia, altro che spirito di Ventotene.
Aggiungo: la guerra in Ucraina (seguita alla criminale invasione russa: pare che vada specificato ogni volta, sennò uno passa per compare di Putin, nella visione binaria che definisce la nostra epoca), dunque, dicevo, la guerra ha dimostrato che i conflitti moderni tra Stati non si combattono più con i carri armati. Piuttosto: droni (a basso costo), artiglieria di lunga gittata, intelligence, sorveglianza via satellite in tempo reale, guerriglia sulle reti sociali. L’Ucraina ha resistito all’offensiva russa senza avere una vera aviazione militare – e quella russa è ridotta e malconcia. Non serve a nulla, ad esempio, che i paesi europei continuino a buttar via miliardi comprando i costosissimi caccia F35 americani, che non possono neanche volare o usare le loro elettroniche se gli USA non lo vogliono.
L’impressione è che in molti stiano cercando cinicamente forme per far fare affari alle imprese del complesso militar-industriale dei differenti paesi europei, piuttosto che provare a cercare soluzioni politiche e militari efficienti per il conflitto in Ucraina e i troppi problemi che stanno facendo affondare il progetto europeo. Gridare contro l’uomo nero Putin fa probabilmente sì che molti, in piazza a Roma e no, si sentano dalla parte giusta, tranquilli e soddisfatti. Tanto, almeno per ragioni anagrafiche, non sarebbero comunque loro a dover partire per il fronte. La situazione internazionale è drammatica, la crisi ambientale spaventosa, i rischi del ritorno alla guerra generalizzata reali. Il nuovo fascismo del XXI secolo avanza. Ma non solo dalle parti di Mosca.
Piuttosto che i vetusti consigli di Publius Flavius Vegetius Renatus, che l’elmetto non l’indossò mai personalmente, i molti attempati manifestanti di Roma avrebbero potuto ricordare una lungimirante canzone dei loro anni di gioventù. Cantava Claudio Lolli (La socialdemocrazia, 1977): La socialdemocrazia non va / a caccia di farfalle. Il nemico marcia in testa a te / ma anche alle tue spalle. Il nemico marcia con i piedi / nelle tue stesse scarpe. Quindi anche se le tracce non le vedi / è sempre dalla tua parte.