Seduta sospesa
Meloni cestina l’Europa del Manifesto di Ventotene: “Non è la mia”, caos alla Camera tra le proteste dell’opposizione

Caos, seduta sospesa più volte dal presidente della Camera Lorenzo Fontana e una raffica di insulti e urla da curva da stadio. È l’effetto delle parole pronunciate questa mattina dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante la replica dopo il dibattito sulle dichiarazioni in vista del Consiglio europeo.
La premier è prossima a finire il suo intervento, parole sulla falsariga di quelle pronunciate anche martedì nell’altro ramo del Parlamento, quando a differenza di ieri spinge il focus sulla manifestazione “europeista” tenuta sabato in piazza del Popolo a Roma su input di Michele Serra.
“Sono sempre contenta e ho grande rispetto per la partecipazione e le iniziative. Nella manifestazione che è stata fatta sabato a piazza del Popolo” a Roma “e anche in questa Aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene. Ora io spero che tutte queste persone in realtà non lo abbiano mai letto perché l’alternativa sarebbe francamente spaventosa”, si lascia andare Meloni.
La premier dunque dice di voler “citare testualmente alcuni passi salienti del Manifesto di Ventotene”, scritto nel 1941 col titolo originale “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto” da Alterio Spinelli insieme ad Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni mentre i tre erano al confino sull’isola perché oppositori del regime fascista di Benito Mussolini.
In realtà quanto letto da Meloni in Aula sono una serie di citazioni parziali o estrapolate dal contesto del Manifesto. Ecco cosa ha detto la premier alla Camera: “Primo: ‘la rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista’. E fino a qui, vabbè. ‘La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa non dogmaticamente, caso per caso’. ‘Nelle epoche rivoluzionarie in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente’. ‘Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultare di passioni’. ‘La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria’. E il Manifesto conclude che esso, il partito rivoluzionario, ‘attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse, attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo Stato e attorno ad esso la nuova democrazia”, ha concluso Meloni prima di aggiungere: “Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia“.
L’intervento si chiude e la Camera esplode, con le opposizioni che insorgono contro la presidente del Consiglio e la sua maggioranza. Piovono grida e insulti che Fontana fa fatica a far cessare, costretto così a sospendere la seduta in più occasioni.
Quindi il dibattito riprende, prende la parola Matteo Richetti di Azione per spiegare che la premier non può strumentalizzare il manifesto che è stato scritto dopo anni di “dittatura fascista”. È qui che ad intervenire questa volta è il capogruppo di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami, che si alza in piedi dicendo: “Basta ma piantala”, suscitando le proteste delle opposizioni che hanno reagito in maniera rumorosa gridando “fuori fuori”. Fontana, ancora una volta, sospende la seduta e convoca i capigruppo.
Ma dalle opposizioni l’attacco a Meloni è totale. Il deputato Dem Gianni Cuperlo ha parlato di “una delle pagine più vergognose della storia repubblicana” e di una premier “non degna di rappresentare la democrazia di un Paese che ha conosciuto la dittatura ventennale del fascismo. Lo scrivo con la tristezza di uno spettacolo che mortifica la memoria e la storia, ma anche con la consapevolezza che questa destra la storia la conosce bene e vuole riscriverla”. Per l’ex ministro della Salute Roberto Speranza l’intervento di Meloni in Aula è “apologia del fascismo”, mentre per il deputato di AVS Marco Grimaldi “non si può dileggiare chi ha salvato la nostra patria. Se non ci fosse stata una Resistenza la parola patria non avrebbe lo stesso suono, dovete dire grazie a quei rivoluzionari e chiedere scusa”.