Il processo d'appello

Omicidio di Saman Abbas, parla per la prima volta la madre: “Non l’ho uccisa, uscii con lei e la vidi sparire”

Cronaca - di Redazione

20 Marzo 2025 alle 13:35

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Saman Abbas e i suoi genitori ripresi in aeroporto mentre scappano in Pakistan
Saman Abbas e i suoi genitori ripresi in aeroporto mentre scappano in Pakistan

Vestita con abito tradizionale pachistano e un velo blu scuro a coprirle il capo, aiutata con la traduzione da un interprete, per la prima volta Nazia Shaheen è comparsa questa mattina in tribunale per il processo di Appello a Bologna per l’omicidio della figlia Saman, uccisa nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio del 2021 a Novellara (Reggio Emilia) e ritrovata sepolta vicino a casa un anno e mezzo dopo.

In primo grado la donna, che soltanto il 31 maggio dello scorso anno è stata arrestata in Pakistan, dove era scappata assieme al marito il giorno dopo l’omicidio, era stata condannata all’ergastolo. Stessa pena anche per il coniuge Shabbar Abbas, mentre era stato condannato a 14 anni lo zio della 18enne, Danish Hasnain. Assolti invece i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq.

Il racconto della mamma di Saman

Dichiarazioni spontanee in cui la donna ha ripercorso davanti ai magistrati la giornata del 30 aprile 2021, sottolineando in particolare un fatto: “Non sono stata io a uccidere mia figlia”, ha detto in lacrime.

Nel suo racconto Nazia Shaheen ha allontanato ogni responsabilità per la morte della figlia. Parlando degli ultimi istanti di vita della figlia, la donna ha riferito di averla vista “allontanarsi. Se avessi visto qualcosa mi sarei battuta per fermare qualsiasi tipo di aggressione nei suoi confronti, perché sono mamma”.

In quell’ultimo giorno di vita Saman, secondo il racconto della madre, aveva manifestato a più riprese la volontà di andare via di casa. “Quella sera ogni volta che menzionava l’intento di tornare in comunità io mi sentivo male e uscivo di casa per poter respirare, in diverse occasioni mi ha seguita”, le parole di Nazia Shaheen, con riferimento alla struttura gestita dai servizi sociali che l’aveva ospitata dopo aver denunciato i genitori che le volevano imporre un matrimonio combinato.

Poi ad un certo punto, quando Saman aveva ribadito le proprie intenzioni di lasciare la famiglia, “io iniziai a piangere, le dissi di non andarsene, lei allora disse ‘ok non vado oggi, ma sicuramente andrò via di qui'”. A differenza di quanto dichiarato dall’altro suo figlio minore, secondo la madre “non ci fu nessun litigio, ma una discussione col padre che le diceva di non andarsene, noi le dicemmo che eravamo pronti a giurare sul Corano a condizione che rimanesse”.

Quando Saman insistette ancora una volta per andare, “io e Shabbar ci mettemmo ai suoi piedi, chiedendole di non farlo”. Quindi “lei è uscita, siamo usciti anche a noi. Dalle telecamere si vede, ma sarebbe stato bello se ci fosse stata la registrazione delle voci, perché continuamente la pregavamo di non andare”. “Siamo usciti insieme, ho visto Saman che si stava incamminando molto velocemente. Poi l’ho vista sparire“, il racconto piangendo della madre.

Nell’intervento in aula ha parlato anche del viaggio-fuga in Pakistan avvenuto il giorno dopo l’omicidio assieme al marito: “Era una partenza programmata, Saman e suo fratello lo sapevano. Ho passato la notte piangendo, la mattina dopo partimmo per il Pakistan. Il rientro di Shabbar era previsto dopo una settimana. Sono stata molto male durante il viaggio. Dopo un paio di settimane venne una persona a casa nostra e ci disse ‘non si trova più Saman’. Poi mi dissero che era morta Saman, allora chiesi a Shabbar se era vero e mi disse che lo aveva saputo pochi giorni dopo essere arrivato in Pakistan ma non me lo aveva detto perché stava male. Non ci rimaneva altro che piangere”, ha concluso.

Il padre di Saman: “Non l’abbiamo uccisa”

Sulla stessa linea anche il padre di Saman, Shabbar Abbas, nelle dichiarazioni spontanee in Corte di Sssise di Appello.

L’uomo, come la moglie Nazia, ha ribadito che “non siamo stati noi genitori a uccidere nostra figlia“. “Abbiamo fatto molta fatica a crescere i nostri figli. Ho forte dolore, dal momento in cui l’ho scoperto fino ad oggi. Lo avrò per tutta la vita”, le parole dell’uomo.

“Come ha detto mia moglie noi uscimmo di casa, lei (Saman) andò nella strada, era buio, non abbiamo visto nulla”, ha spiegato il padre di Saman, anche lui parlando in pachistano e tradotto da un interprete. “Pochi momenti prima c’era stata una chiamata di Saman, che aveva fatto dal bagno: ha detto ‘vieni a prendermi’. Pensavo fosse il ragazzo con cui stava e per quello chiamai Danish per dirgli: fatevi trovare per dargli una lezione, ma non picchiatelo troppo”, ha aggiunto, ribadendo un racconto già fatto da lui, nelle dichiarazioni al termine del processo in primo grado a Reggio Emilia.

“Uscii di casa per vedere che non facessero qualcosa di grave, ma non ho visto nessuno, non ho sentito nessuna voce. La mattina dopo chiesi a Danish cosa avevano fatto col ragazzo, mi dissero che non avevano fatto niente, non erano neanche venuti sul posto”. Poi “siamo partiti per il Pakistan”, ha aggiunto Shabbar Abbas.

di: Redazione - 20 Marzo 2025

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