La crisi
Tunisia, Saied caccia il primo ministro e nomina Sarra Zaafrani Zenzri: il ribaltone del dittatore che piace all’Europa

La Tunisia del presidente Kais Saied, dittatore particolarmente apprezzato dal governo italiano di Giorgia Meloni ma anche dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, più volte si sono recate a Tunisi per promettere aiuti economici al regime in cambio dello stop ai migranti, chiudendo un occhio sui metodi brutali, cambia premier.
Saied ha infatti ordinato l’ennesimo rimpasto, chiamando alla guida del governo Sarra Zaafrani Zenzri, attuale ministra delle Infrastrutture e seconda donna a salire alla guida del governo nazionale. A lasciarle il posto è Kamel Maddouri, licenziato da Saied dopo che il presidente lo aveva nominato primo ministro nell’agosto del 2024, una scelta motivata dalla grande esperienza come alto funzionario della Banca centrale.
Al momento non vi sono motivazione ufficiali per il licenziamento di Maddouri e la nomina di Sarra Zaafrani Zenzri: in una nota sulla sua pagina ufficiale la presidenza dà conto anche della nomina del nuovo ministro delle Infrastrutture, Salah Al-Zawary.
L’ampio “turn over” nel governo tunisino non sorprende: i rimpasti a Tunisi sono particolarmente frequenti perché utilizzati strumentalmente da Saied, che incolpa ministri ed esecutivo degli scarsi risultati economici del Paese. Il 6 febbraio scorso Saied licenziò nel cuore della notte il ministro delle Finanze Sihem Boughdiri Nemsia, sostituendolo con il magistrato Michket Slama Khaldi. Ma la stessa nomina a premier del neo-licenziato Maddouri avvenne nell’agosto scorso con un maxi rimpasto che aveva portato Madouri al governo e il cambio di 19 ministri.
Dal 2019, anno in cui era stato eletto presidente, Saied ha limitato libertà politiche, civili e di stampa nel Paese, reprimendo i partiti di opposizione e facendo arrestare i suoi oppositori, che affollano le carceri assieme ad attivisti, imprenditori e giornalisti. In questo modo le ultime presidenziali sono state per Saied un autentico plebiscito, una vittoria con oltre il 90 per cento delle preferenze segnata da una affluenza alle urne del 30%.
In questo contesto il Paese sta vivendo una prolungata crisi economica: in Tunisia scarseggiano materie prime fondamentali per l’alimentazione di base come farina e riso, mentre la disoccupazione ha raggiunto numeri record.