La strage

Fosse Ardeatine: la storia della strage nazifascista di 335 uomini a Roma, 10 per ogni tedesco ucciso in via Rasella

Il massacro alle cave di tufo lungo la via Ardeatina. I rastrellamenti, complici le autorità fasciste, dopo l'attentato ai nazisti. La cerimonia commemorativa

News - di Redazione Web

24 Marzo 2025 alle 13:34

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Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della cerimonia commemorativa del 81° anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della cerimonia commemorativa del 81° anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Erano conosciute come delle cave, sono passate alla storia come delle “fosse”: perché vennero riempite con i corpi di oltre 300 persone, uccise dalle SS del regime nazista tedesco che aveva occupato l’Italia alla fine della Seconda Guerra Mondiale. È uno dei massacri più cruenti e ricordati di quel conflitto: perché si consumò a Roma, perché fu scatenato da un’azione dei partigiani, per il luogo in cui venne portato a termine, per la composizione eterogenea per classi sociali e professioni delle vittime. Questa mattina il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha deposto questa mattina una corona d’alloro al mausoleo delle Fosse Ardeatine, nell’ 81esimo anniversario della strage nazifascista del marzo 1944.

L’eccidio fu scatenato da un antefatto, un’imboscata che il 23 marzo del 1944 venne teso ai nazisti in via Rasella, dove partigiani e partigiane dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP) fecero esplodere una bomba e con granate e altre armi da fuoco colpirono il reparto Polizeiregimen “Bozen”. 31 morti. Il Comando tedesco emanò un comunicato pubblicato sui giornali il 25 marzo. “La vile imboscata fu eseguita da comunisti badogliani”, si leggeva. Il Comando ordinava “che per ogni tedesco ammazzato dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito”.

All’azione seguirono i rastrellamenti da parte dei tedeschi. Lo stesso Adolf Hitler sollecitò una risposta esemplare che contemplava la distruzione del quartiere, l’evacuazione e la fucilazione di 50 italiani per ogni nazista ucciso. La trattativa con i colonnelli tedeschi portò a un rapporto di 10 a 1. Herbert Kappler, ufficiale delle SS e comandante della polizia tedesca a Roma, stilò la lista che comprendeva condannati a morte, detenuti, condannati ai lavori forzati, colpevoli di azioni contro le leggi dei tedeschi, ebrei, oppositori politici, comunisti. Al completamento della lista contribuirono anche le autorità fasciste italiane.

La rappresaglia doveva essere compiuta entro 24 ore. Furono messe insieme 335 persone, che vennero ammassate sui camion e portate poco fuori Roma. Le cave erano state ispezionate tempo prima mentre si cercavano rifugi antiaerei. Diventarono delle fosse comuni quando cominciarono e andarono avanti per tutta la giornata le esecuzioni, con i prigionieri uccisi a gruppi di cinque. Un colpo al cervello, da distanza ravvicinata. Alla fine della giornata, quando l’ordine era stato eseguito, l’ingresso delle grotte venne fatto esplodere.

Per quell’eccidio Kappler fu arrestato e condannato ma riuscì a fuggire e morì in Germania nel 1979, il capitano Erich Priebke riuscì a fuggire in Sudamerica e fu dichiarato colpevole dopo l’estradizione nel 1995 in Italia ma non punibile per la prescrizione del reato. Dopo un nuovo processo, fu dichiarato colpevole di “omicidio plurimo con premeditazione” e condannato all’ergastolo. Morì nel 2013, a 100 anni, agli arresti domiciliari. Questa mattina alla commemorazione al mausoleo a Roma sono stati letti i nomi di tutte le 335 vittime, il Capo dello Stato Mattarella ha visitato il sacrario e il luogo dell’eccidio.

24 Marzo 2025

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