Il decreto in CdM

Meloni e Piantedosi vogliono trasformare gli hub di Shengjin e Gjader in Cpr: certificato il flop del Patto Italia-Albania

Politica - di Redazione

28 Marzo 2025 alle 10:42

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AP Photo/Vlasov Sulaj
AP Photo/Vlasov Sulaj

Il fallimentare Patto Italia-Albania che ha portato alla costruzione dei centri di Shengjin e Gjader cambia. È la mossa disperata del governo di Giorgia Meloni che, di fronte all’evidente flop, che costerà alle casse dello Stato italiano fino a 800 milioni di euro, rovescia il tavolo.

Hotspot, carcere e Centri di permanenza per i rimpatri sono fermi e vuoti per effetto dello scontro tra esecutivo e magistratura, con lo stop al trattenimento dei migranti imposto prima dai giudici delle sezioni Immigrazione e poi da quelli della Corte d’Appello, dunque a Palazzo Chigi si tenta ora di cambiare la “destinazione d’uso” delle strutture costruite in Albania.

I centri di Shengjin e Gjader, per effetto di un decreto approvato in Consiglio dei ministri, saranno trasformati in Cpr, Centri di permanenza e rimpatrio. Si tratta di una rivoluzione vera e propria rispetto al compito originale delle due strutture: in Albania sbarcherebbero così i migranti in attesa del provvedimento di espulsione perché gli è stato già negato il diritto di asilo, con la possibilità di rimanere al loro interno fino a 18 mesi in attesa che i Paesi d’origine accettino il loro ritorno a casa, laddove esistano accordi di rimpatrio.

Un compito ben diverso rispetto a quello attuale, con i centri pensati come luoghi di trattenimento per un massimo di 28 giorni per queli richiedenti asilo soccorsi in mare da navi italiane e provenienti da “Paesi sicuri” a cui applicare le procedure accelerate di frontiera.

Per il ministero dell’Interno guidato da Matteo Piatendosi il decreto, che sarà basato su due semplici articoletti, la trasformazione radicale del Patto Italia-Albania è una semplice “riattivazione almeno per una componente delle funzioni di quel centro, che è già esistente: quella di centro per i rimpatri. In attesa, di qui a poche settimane o pochi mesi di una decisione della Corte di giustizia europea, che noi non vediamo come sia possibile che non sia in linea con le posizioni italiane”.

Operazione che, diversamente dalla tesi fatta passare dal Viminale, porta con sé grandi dubbi dal punto di vista giuridico ed economico. Se è vero infatti che i “return hub”, le strutture di detenzione per i rimpatri in Paesi terzi, sono previsti dal nuovo regolamento europeo sui migranti non prima del 2027, ad oggi non è invece previsto da nessuna norma il trasferimento in un Paese che non è né quello di origine né quello di transito.

C’è poi la questione economica, che fa notare Repubblica. Non essendoci nuove intese col governo di Tirana, il rientro dei migranti dovrà avvenire dal territorio italiano. Un esempio: gli immigrati “irregolari” trattenuti nel Cpr di Ponte Galeria a Roma potranno finire in Albania mentre vanno avanti le pratiche di espulsione, ma per l’eventuale rimpatrio (mediamente solo il 50% degli “ospiti” nei Cpr viene rimpatriato) dovranno essere riportati in Italia prima di partire per la destinazione finale, con un ulteriore aggravio di costi.

di: Redazione - 28 Marzo 2025

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