L'intervista al Financial Times

Meloni rompe definitivamente con l’Europa, dà ragione a Vance e si schiera con Trump sui dazi

A parole si diceva equidistante tra Europa e America, ma Meloni dà ragione a Vance sugli “europei parassiti”: sui dazi sta con il tycoon

Politica - di David Romoli

29 Marzo 2025 alle 10:00

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Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse
Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse

Se avesse potuto, Giorgia Meloni avrebbe evitato di scegliere, restando esattamente nel mezzo tra Europa e Usa. Nelle ultime settimane deve essersi accorta di non avere spazio di manovra in quel senso e ha deciso di sbilanciarsi. L’intervista di ieri sul Financial Times, la prima concessa a un quotidiano estero da quando è premier, è un passo deciso e probabilmente decisivo in direzione di Washington.

Il coro dell’opposizione, guidato da Elly Schlein la accusa di essere diventata “il cavallo di Troia” di Trump e di svendere l’interesse nazionale al tycoon presidente. Non è precisamente così. La scelta di Giorgia Meloni è sì netta ma la sua posizione resta diversa da quelle di Orbàn o in Italia di Salvini, sempre più presidente del Trump Fan Club tricolore. La scelta è netta non tanto nello schierarsi a fianco di Trump quanto nel non prendere posizione a fianco di un’Europa che, almeno nella tendenza prevalente fra i Paesi maggiori dell’Unione e in Uk, ha deciso di opporre all’offensiva del presidente americano una reazione altrettanto battagliera. Da quel muro europeo, ammesso che riesca a diventare tale, Meloni si è ora sfilata anche ufficialmente, come del resto aveva già fatto nella pratica.

“Chiedere se si sta con gli Usa o con l’Europa è superficiale e infantile”, dice ed è una risposta a chi invece la spinge ad allinearsi con il grosso d’Europa. La premier non nasconde di preferire il tycoon a molti leader europei, che critica per le reazioni “eccessivamente politiche” alle mosse di Washington, per risposte “semplicemente istintive” alle decisione americane sui dazi ma che accusa anche per “l’incapacità di leggere la realtà e dare risposte alle persone”. Con Trump la premier italiana è infinitamente più tenera, anche sulla nota dolente dei dazi: non è stato lui a inventare il protezionismo e in fondo è solo un leader “che difende i suoi interessi nazionali” e figurarsi se questo Giorgia la nazionalista può non capirlo. Il passaggio per l’Unione più imperdonabile è probabilmente quello in cui l’italiana dà apertamente ragione a Vance nell’accusa di “parassitismo” mossa al vecchio continente: “Devo dire che sono d’accordo. Lo dico da anni… L’Europa si è un po’ persa”.

Pur non più equidistante, se non a parole, la premier italiana non rinuncia però all’ambizione di mettere in comunicazione gli attuali duellanti. Essere il ponte tra Washington e le capitali europee resta il suo sogno e la sua ambizione: “Se c’è qualcosa che l’Italia può fare per evitare uno scontro tra Europa e Stati Uniti e per costruire ponti, lo farò. È nell’interesse degli europei”. Il periodo ipotetico è però eloquente e indicativo. Quello spazio di manovra, se non del tutto cancellato, è però già estremamente ridotto. Trump non le offre in realtà alcuna sponda e non sembra affatto interessato alla sua proposta di farsi mediatrice tra le due parti dell’Occidente spaccato. Gli europei puntano su una risposta dura, sia ingaggiando una guerra a colpi di dazi e controdazi sia dimostrando di poter sostenere l’Ucraina da soli, anche senza gli Usa.

In più in patria Giorgia sconta una competizione sfrenata con Salvini il super trumpista. Gli inviti ad abbassare i toni hanno sedato il leghista solo per un paio di giorni: ieri è tornato alla carica e di brutto. Non solo boccia di nuovo e senza alcuno spiraglio il piano di riarmo e proclama a voce alta che fra Trump e Macron-von der Leyennon abbiamo dubbi”. Soprattutto torna a rubare al ministro degli Esteri e rivale nella maggioranza Tajani, ma anche alla stessa premier, ruolo e incombenze: “Sto preparando una missione con gli imprenditori per rafforzare la partnership con gli Usa, come da dialogo con Vance”.

Pur non più equidistante, Meloni spera ancora di riuscire a evitare almeno una rottura aperta con il resto d’Europa, dalla quale però è già molto più distante di quanto non fosse ancora poche settimane fa. Ma la forza della cose difficilmente le permetterà di portare ancor più alle estreme conseguenze la strada che ha imboccato ieri. Ad esempio intavolando trattative bilaterali sui dazi, che sono ancor più dell’Ucraina il vero abisso che divide la strategia di Giorgia da quella della battagliera Unione.

29 Marzo 2025

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