La presunta supremazia culturale bianca...
L’Occidente non ha il primato della storia e Della Loggia la conosce così, così: cosa non sa l’editorialista di Machiavelli
L’editorialista, nonché consulente del governo, sostiene che il Principe non ha pari al di fuori della parte del mondo a lui cara. Falso, gli scritti del tunisino Khaldun precedono Machiavelli.
Politica - di Michele Prospero

Per convalidare la fondatezza della sua controversa tesi (“Solo l’Occidente conosce la storia”), Ernesto Galli della Loggia, nella duplice veste di editorialista del Corriere e di consulente scientifico del governo, lancia il guanto di sfida. Ponendo alcune domande retoriche, egli ritiene di aver disarmato tutti i critici delle linee guida sui programmi scolastici che ha appena escogitato.
A due delle questioni da lui sollevate è nondimeno possibile replicare. Attraverso una perentoria asserzione, con tanto di punto esclamativo, lo storico si rivolge agli interlocutori così: “Fuori i nomi di qualcosa di simile alle pagine del Principe che non abbia visto la luce da queste parti!”. Aggiunge anche una ulteriore richiesta: “Fuori i nomi di qualcosa di analogo all’idea cristiana circa l’autonomia della politica dalla religione!”. Si può quindi tentare la via della delazione e rivelare i nominativi. Prima di Machiavelli, il tunisino Ibn Khaldūn (uno storico, per giunta, morto nel 1406 e considerato “il maggior pensatore politico arabo”) ha scritto opere grazie alle quali “è ormai entrato nel pantheon dei classici della scienza politica, nella famiglia di Machiavelli e di Vico”. Ad attestarne in questo modo il rilievo è il più importante studioso italiano della cultura islamica, Francesco Gabrieli (Il pensiero politico musulmano, in L. Firpo, a cura di, Storia delle idee politiche, economiche e sociali, Utet, 1975). Il quale certifica anche che sussiste nell’insigne nordafricano l’acquisizione precoce della “originale concezione dello Stato come potenza, legata alla dinamica della ‛aṣabiyya, indipendente da ogni vincolo religioso”.
- Quello che Galli Della Loggia si rifiuta di vedere nella guerra: quello che non volete è la Palestina, non Hamas
- Ernesto Galli Della Loggia e il bellicismo del Corriere: una delle pagine più vergognose della storia recente
- Violenza e ipocrisia, il tartufismo intellettuale di Galli Della Loggia per il suo “democratico” Israele
In anticipo rispetto a Machiavelli, dunque, un uomo probabilmente “abbronzato”, insomma nativo di una terra che sconfessa il postulato di della Loggia per cui certi fondamenti della politica sono stati partoriti “solo in quell’area geo-storica che si chiama Occidente”, scolpisce il concetto dello “Stato-potenza contrapposto alla tradizionale visione ortodossa al religioso califfato”. Questo “fenomeno unico”, conclude Gabrieli, ha “per primo nella società islamica spostato l’interesse e l’accento dal principe allo Stato”. Ha cioè abbozzato la pionieristica nozione astratta di Stato come ordine non coincidente con la pura persona fisica del sovrano.
Se, per ciò che riguarda il pensiero politico, l’articolo lacunoso di Galli della Loggia merita almeno una comprensiva matita rossa, quanto egli ha sostenuto da storico dell’età contemporanea a proposito della parabola dei diritti elettorali sollecita forse un provvedimento ancora più drastico.
Ecco la citazione incriminata: “Fuori i nomi dei luoghi della terra dove prima che in Europa ci sia stato qualcosa di paragonabile al suffragio universale!”. Poiché la frase è corredata di nuovo dall’enfasi dell’esclamazione, se si rintracciano smentite a questa pretesa verità venduta come incontrovertibile, allora la matita deve per forza di cose essere di colore blu, quella che serve per rimarcare la presenza di errori fattuali. Il primo Paese ad accordare il voto alle donne in elezioni politiche generali si trova molto lontano dalla vecchia Europa. Si tratta infatti della Nuova Zelanda, dove con l’“Elettoral Act” del 1893 fu previsto il suffragio femminile formalizzando un vero e proprio atto di ribellione verso il “New Zealand Constitution Act” del 1852, approvato dal Parlamento britannico e contemplante il solo voto maschile. Il processo innescato nell’ultimo decennio del XIX secolo si completò poi con il Women’s Parliamentary Rights Act del 1919 (sul punto si veda Jenny Coleman, From Suffrage to a Seat in the House, Otago University Press, 2020).
Sul secondo gradino del podio si piazza un altro territorio extraeuropeo, l’Australia (con una censurabile esclusione dovuta al tono della pelle). “Nel 1894 fu concesso il diritto di voto alle donne bianche in Australia Meridionale, nel 1899 fu esteso anche alle donne bianche dell’Australia Occidentale. Quando nel 1901 le colonie si espressero per la Federazione, la costituzione conservò per il voto nazionale il suffragio già elargito alle donne nei due Stati. Nel 1902 il nuovo governo federale allargò il voto alle donne bianche adulte degli altri Stati” (Ellen Warne, Agitate, Educate, Organise, Legislate, Melbourne Univerity Press, 2017).
Della Loggia si duole per il tenore del confronto delle idee, talmente aspro da costringerlo quasi a “dimostrare innanzi tutto di non essere un idiota”. Una simile caduta di stile è certamente inaccettabile. Però, invertendo un celebre sillogismo, se è vero che l’Occidente conosce la storia, da questa premessa non si può dedurre, scendendo nel caso particolare, che anche il consulente ministeriale (storico occidentale) la padroneggi in tutta la sua vastità, al punto da dettare per legge ciò che va indagato e cosa bisogna invece omettere.