Il rapporto tra la premier e Usa

Basi americane in Italia, Meloni chieda a Trump di pagare l’affitto

Le grandi aree di territorio italiano occupate dalle installazioni militari americane sono ad uso gratuito. A proposito di show con motosega, non sarebbe ora di fare una spending review?

Esteri - di Marco Grimaldi

1 Aprile 2025 alle 14:30

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Foto Ufficio Stampa Difesa/LaPresse
Foto Ufficio Stampa Difesa/LaPresse

Un’Europa “parassita” e “meschina”: J.D. Vance da tempo non cela il suo disprezzo verso il vecchio continente. “Odio salvare di nuovo l’Europa”: lo ha detto in privato come sui palchi di mezzo mondo. Trump non si è imbarazzato, anzi ha rincarato la dose dandoci degli scrocconi. D’altra parte, il 9 marzo Elon Musk ribadiva: “Dovremmo uscire dalla Nato. Per l’America non ha senso pagare la difesa dell’Europa”. Stando a lui, i Paesi membri non spendono abbastanza. Anzi, l’impegno americano nell’alleanza atlantica dovrebbe favorire chi riserva una certa cifra del Pil alla difesa.

È evidente che gli Stati Uniti sono intenzionati a ridurre il loro investimento economico nella Nato europea e, molto probabilmente, a diminuire anche la presenza delle loro truppe sul continente. Ancor più ottuso, alla luce di tutto ciò, il piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro, che certamente farà molto bene alle imprese di armamenti statunitensi. E chiamarlo Prontezza 2030 non lo rende più credibile, né meno minaccioso. E ottusa la linea di Meloni sulla gestione delle trattative in Ucraina e sui dazi: “Mai niente senza gli Usa”. Ma la prospettiva di Trump in Ucraina è quella di una pace “imperiale”, che Zelensky sarà costretto ingoiare e che umilierà l’Europa. Una fiducia suicida, quella di Meloni nell’amico infedele Trump, nella Nato come perno della difesa occidentale nel proprio ruolo di “ponte” con la Casa Bianca. Fiducia ribadita ancora nell’intervista al Financial Times, mentre i vertici europei procedono decisi verso l’impegno militare diretto in Ucraina e la risposta ai dazi americani con dazi europei. Una risposta altrettanto miope e dannosa per tutti.

Nel frattempo, a Gaza Israele ha bombardato la tregua con un’inaudita strage di civili e bambini. Il massacro è ripreso a pieno regime, l’estrema destra è tornata nei ranghi del governo, “le porte dell’inferno” sono ormai spalancate. In totale contrasto con l’appoggio dell’Onu al piano egiziano presentato alla Lega Araba, l’unico che implichi la ricostruzione di Gaza senza lo sfollamento dei palestinesi. Il progetto di Trump per trasformare la zona nella Riviera del Medio Oriente è pienamente in campo. Un Trump che alla gente di Gaza aveva avuto il coraggio di dire “un bellissimo futuro vi aspetta, ma se tratterrete gli ostaggi siete morti”. Di fronte a tutto questo l’Italia è rimasta muta. Mentre si ponevano le premesse per questi esiti, la Camera ha approvato, sotto il ricatto di Stroppa alias Musk, il disegno di legge sull’economia dello spazio a misura di Starlink e di SpaceX. In sostanza abbiamo posto le premesse per fare dell’Italia il primo Paese europeo a consegnare il suo futuro a Elon Musk e rendere i propri cieli merce di scambio con l’amministrazione Trump.

Il governo Meloni, nel più grande imbarazzo, si dibatte fra l’assurdo appello a mantenere unito un Occidente che già non esiste più e la fedeltà assoluta e supina agli Stati Uniti, a maggior ragione ora che sono governati dal sovrano dei sovranisti di tutto il mondo. Tajani e Crosetto, in audizione la scorsa settimana alla Camera, sembravano isole non comunicanti fra loro. L’unica cosa che li unisce è che, non potendo nominare Trump e gli Usa, hanno parlato ossessivamente di Occidente, come se davvero questa entità avesse ancora sostanza, sulla base di una presunta superiorità morale o di una fantomatica unità. Tristi da vedere come un partner che nega la separazione in corso, la fine di un lungo matrimonio. Una messa in scena superata dalla storia, quando sarebbe ora in Italia di aprire una discussione su un punto.

La presenza delle basi sottoposte al regime Nato e delle basi Usa. Nel nostro Paese è regolata da una serie di accordi: quelli relativi alle Nato discendono tutti dal Trattato istitutivo dell’Alleanza Atlantica ratificato con la legge del 1° agosto 1949 n. 465, che obbliga gli Stati membri a prestarsi mutua assistenza e accrescere la capacità di resistere a un attacco armato. Tuttavia, per la dislocazione dei comandi alleati e delle infrastrutture è necessario un accordo con lo Stato membro ospitante. Per le basi Usa vigono l’Accordo bilaterale sulle infrastrutture (Bia), stipulato tra Italia e Stati Uniti il 20 ottobre 1954, e il Memorandum d’intesa tra il Ministero della Difesa della Repubblica italiana e il Dipartimento della Difesa degli USA del 2 febbraio 1995, che disciplina la presenza dei contingenti militari in Italia e l’uso delle basi (Shell Agreement). Insomma, parliamo di accordi risalenti al 1949 e al 1954. Sono passati più di 50 anni. Intanto sarebbe ora di desecretarli.

Nell’ordinamento italiano esistono due procedure per la stipulazione degli accordi internazionali: solenne e semplificata. La prima riguarda accordi il cui contenuto ha un rilievo politico e comporta che l’accordo venga sottoposto al Parlamento, che autorizza con una legge il Presidente della Repubblica alla ratifica. La procedura semplificata – relativa ad accordi dal contenuto esclusivamente tecnico – comporta che l’accordo entri immediatamente in vigore non appena sottoscritto dai rappresentanti dell’esecutivo. Gli accordi sulle basi Usa sono stati sottoscritti con procedura semplificata (anziché solenne), ossia senza passare dal Parlamento. Anche questo forse andrebbe ridiscusso. I tempi sono cambiati. Si tratta ancora di accordi meramente tecnici? Davvero non hanno valenza politica?

Altra questione: nessuna forma di extraterritorialità è concessa alle basi alleate presenti in Italia, i terreni e le infrastrutture restano nella piena proprietà dello Stato ospitante. Tuttavia, le aree su cui insistono le basi sono state concesse dall’Italia in uso gratuito (mentre la costruzione e manutenzione delle infrastrutture è in capo agli Usa o alla Nato). Non sarebbe ora di far pagare tutto? Questione di spending review, a proposito di motoseghe. Ma il vero punto è un altro: se l’utilizzo delle basi dipende dal Trattato istitutivo della Nato, ciò significa, con grande evidenza, che le basi non possono essere usate per scopi estranei all’Alleanza. Né possono essere usate per missioni non conformi al diritto internazionale. Allora, se Musk e Trump si pongono fuori dall’Onu e dalla Nato, dovrebbero coerentemente lasciare il territorio italiano. Parliamo di sette basi Usa – dislocate fra Vicenza, Livorno, Napoli, Gaeta, Sigonella, Ghedi e Aviano – e almeno sei basi Nato sparse più o meno in ogni area dello Stivale. Tante porzioni di territorio militarizzate, sottratte alla cittadinanza e gravate da costruzioni ad altissimo impatto ambientale.

Allora, crediamo sia venuto il momento di mandare un warning: cari Vance, Musk e Trump, si esce dalla Nato? Beh, sarebbe ora di uscire dal nostro territorio e restituirci tutte quelle aree. Certamente, però, gli Usa non sono disposti ad abbandonare le loro basi, soprattutto quelle dove sono presenti armamenti nucleari. Allora sarebbe il caso di far giungere agli amici infedeli un piccolo calcolo, un conto e vedere l’effetto che fa: non pensate almeno che sia venuto il momento di pagare i canoni di quelle basi? Il governo Meloni avrà mai il coraggio di intavolare questa discussione con l’amministrazione Usa? E per l’Unione, che paga le conseguenze della sua incapacità di prevedere l’evoluzione dei rapporti con gli Stati Uniti, non sarebbe ora di svegliarsi?

Di sicuro, possiamo già dire che non esiste più l’Occidente come lo abbiamo immaginato e raccontato. È il momento che l’Europa dimostri tutta la propria diversità, che smetta di essere subalterna al mercantilismo. Di insistere su posizione tutta difensiva e in rincorsa, priva di protagonismo. L’Unione Europea deve costruire e rafforzare la propria autonomia strategica e questa è determinata prima di tutto dalla capacità di una propria e autonoma iniziativa politica nelle relazioni internazionali. Poi dalla costruzione di un sistema di difesa europeo, in totale contrasto con l’aumento della spesa militare dei singoli Stati. Di questo Giorgia Meloni ha impedito che si discutesse in Parlamento e lo ha fatto massacrando un’idea di Europa come comunità politica, solidale, che promuove i diritti e costruisce la pace. Una strada senza uscita.

1 Aprile 2025

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