Il nuovo decreto Albania
Balle da social del governo: le finte esultanze sui CPR in Albania
Le celle di Gjader, l’incubo di Meloni. Un decreto legge non può modificare un accordo internazionale senza il consenso delle parti che lo hanno firmato
Esteri - di Angela Nocioni

Un decreto legge non può modificare un accordo internazionale senza il consenso delle parti che lo hanno stipulato. Non hanno nessun fondamento giuridico e sono soltanto materiale per la propaganda meloniana le dichiarazioni di Piantedosi sul funambolico tentativo di mettere per decreto una pezza al buco nell’acqua fatto con l’operazione meloniana dei lager italiani in Albania. Quelle celle non possono essere usate per rinchiudere immigrati che hanno ricevuto in Italia un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale. La legge lo vieta.
Con decreto il governo ha deciso di portare nelle celle fatte costruire in Albania anche gli stranieri presenti in Italia colpiti da provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati in attesa di rimpatrio coatto. Le celle di Gjader erano state fatte costruire dal governo italiano per rinchiuderci i richiedenti asilo, intercettati in acque internazionali da navi militari italiane, non vulnerabili e provenienti da paesi di origine considerati sicuri, ai quali la richiesta di asilo fosse stata rigettata con un provvedimento non impugnabile, in ogni caso non sospeso, e quindi destinati a rimpatrio coatto. Che comunque per la normativa Ue sarebbe dovuto avvenire entro 28 giorni. Mentre nei Cpr italiani la detenzione amministrativa può durare fino a 18 mesi.
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Puro materiale da propaganda social sono anche le esultanze governative per le dichiarazioni in proposito di un portavoce della Commissione europea per gli Affari interni, Markus Lammert, che ha detto riferendosi ai Cpr italiani in Albania: “La legislazione nazionale italiana si applicherebbe a questi centri, come è stato finora per l’asilo. In linea di principio, ciò è conforme al diritto dell’Ue. Continueremo a monitorare l’attuazione del protocollo nella sua nuova versione e a rimanere in contatto con le autorità italiane”. Non è un via libera e non spetta comunque alla Commissione europea dare un via libera perché la Commissione non è al di sopra della legge.
In ogni caso il portavoce ha solo detto che la Commissione riconosce la giurisdizione italiana, il che non equivale a un assenso politico all’ipotesi di trasferire nel Cpr di Gjader immigrati già presenti in Italia e spediti in cella per una detenzione amministrativa (sulla evidente incostituzionalità della detenzione amministrativa si dovrebbe occupare a breve la Corte costituzionale su ricorso di un giudice di pace). Il portavoce della Commissione dice: “Per quanto riguarda le soluzioni innovative, abbiamo dichiarato di essere pronti a esplorarle, sempre nel rispetto degli obblighi previsti dal diritto dell’Ue e internazionale, nonché dei diritti fondamentali”. Il modello di detenzione al di fuori dell’Unione europea è vietato dalla Costituzione italiana. E non c’è “nuova versione del Protocollo” possibile da prendere seriamente in considerazione, perlomeno finché una eventuale modifica dell’accordo tra Italia e Albania non venga approvata da entrambi i Paesi.
Osserva il giurista Fulvio Vassallo Palelogo: “Quando dalla Commissione europea si afferma che al Cpr di Gjader in Albania si applicherà “la normativa nazionale” si mente, con la consapevolezza di mentire, per fornire una sponda al governo Meloni, perché la “normativa nazionale” in materia di immigrazione e asilo, per effetto dei Trattati e della Costituzione italiana (art.117 Cost.), è fonte subordinata rispetto al diritto dell’Unione europea che disciplina la stessa materia. La dichiarazione del portavoce Lammert contrasta con quanto dichiarato dal Commissario europeo agli affari interni ed alle migrazioni Brunner appena due mesi fa. Secondo Brunner, «quando gli Stati membri estendono l’applicazione delle disposizioni di diritto nazionale che attuano il diritto dell’Unione a situazioni che esulano dall’ambito di applicazione di quest’ultimo, devono farlo in modo da non compromettere o eludere l’applicazione delle norme armonizzate o degli obblighi da esso previsti». Quanto dice il Commissario europeo è esattamente quello che succederà quando il governo italiano, in forza del nuovo decreto legge Albania, trasferirà nel Cpr di Gjader immigrati destinatari di un provvedimento di allontanamento forzato e già detenuti all’interno di un Cpr in territorio italiano”.
Aggiunge Vassallo Paleologo: “Il rispetto della vigente direttiva 2008/115/CE sui rimpatri rimane comunque ineludibile, come l’art.47 sui diritti di difesa garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Allo stesso tempo andrà salvaguardato il diritto di chiedere asilo riconosciuto dalla normativa Ue anche ai migranti irregolari in stato di trattenimento pre-espulsivo. Le scelte del governo Meloni sulla riconversione del “modello Albania”, piuttosto che risultare esempio da seguire a livello europeo, rischiano di creare un gravissimo precedente “nazionale” che potrebbe ritardare persino l’attuazione uniforme dei Regolamenti che dovranno essere introdotti sulla base del Patto Ue sulla migrazione e l’asilo dello scorso anno. Non a caso l’Italia non ha presentato nei termini previsti il Piano nazionale per l’attuazione dei nuovi Regolamenti previsti dal Patto Ue. Il nuovo Regolamento sui rimpatri è ancora allo stato di progetto e non entrerà in vigore prima del 2027. La Commissione europea, al di là del suo schieramento politico, dovrebbe dare priorità inequivocabile all’adempimento del ruolo di garante dei Trattati”.