Le deportazioni nel deserto

Farabutti, non siete riusciti ad uccidere un bambino di 4 anni!

L’ordine è impedire che si imbarchino. Non devono arrivare in Italia. All’Italia interessa solo il risultato. Per questo paghiamo. Se i profughi vengono torturati, o uccisi, all’Italia non interessa. Dettagli.

Cronaca - di Piero Sansonetti

3 Aprile 2025 alle 16:30

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Si può scrivere un romanzo intero su questa immagine. Oppure una sola riga. È la stessa cosa. In questa immagine ci sono già scritte milioni di parole per chi le vuole leggere. Se dovessi scrivere una sola riga, anzi una sola parola, scriverei questa: farabutti. Non sappiamo come si chiama, neppure quanti anni ha. Non sappiamo se è un maschietto o se è una femmina. Probabilmente ha quattro anni. Lo avete mai visto un bambino di quattro anni che piange perché è in difficoltà, ha paura, o perché gli viene un capriccio? Un figlio, un nipote, un cuginetto? Beh, questo bambino non piange: cammina. L’immagine che mostriamo è un “frame” di un breve filmato. È incerto sulle gambe. Barcolla un po’. Sta in silenzio.

Non ha una meta, o forse inconsapevole ne ha una sola: cercare un posto dove salvare la vita. Intorno a lui solo il deserto più deserto. Chilometri e chilometri. Cielo e orizzonte. È il deserto libico. Lui è scalzo, ha uno straccio addosso, non ha acqua, non ha cibo. Non sappiamo dove sono la sua mamma e il suo papà. Forse sono morti mentre cercavano anche loro salvezza nel deserto. Forse sono stati uccisi dalla polizia o dalle milizie di Almasri. È accertato che i libici prendono centinaia di profughi, in genere quelli che vengono dall’Africa profonda, li portano nel deserto e li abbandonano lì. Anche la Tunisia fa così. La maggioranza muore, di sete, o bruciata dal sole, o uccisa dal tifo. Questo bambino non poteva orientarsi. Era perduto.

Avrebbe camminato ancora un po’, poi si sarebbe schiantato e sarebbe anche lui morto di sete. Nessuno di noi avrebbe mai saputo niente di lui. Così come non sappiamo niente di altri bambini come lui, meno fortunati. Che sono morti. Stavolta è passata un’auto, lo hanno visto, lo hanno preso su e gli hanno salvato la vita. Lo hanno consegnato alla polizia libica. Può darsi che la polizia libica lo porti di nuovo nel deserto e lo lasci lì un’altra volta. A morire. La polizia libica si muove per fare il lavoro sporco che le è stato ordinato, e viene pagato dal governo italiano. L’ordine è impedire che si imbarchino. Non devono arrivare in Italia. All’Italia interessa solo il risultato. Per questo paghiamo. Se i profughi vengono torturati, o uccisi, all’Italia non interessa. Dettagli. Per questo ho scritto che se dovessi usare una parola sola userei quella parola lì: farabutti.

Ora però non potete fare finta di non saperlo. Quel bambino era nel deserto per colpa dei libici e per colpa degli italiani. Del famoso protocollo Minniti-Piantedosi- Meloni. Ora è in mano ai torturatori libici. Avrà il coraggio il governo italiano di muovere l’ambasciatore, di ottenere che il bambino ci sia consegnato e venga portato in salvo in Italia? O dovremo sentire il ministro Piantedosi dire come disse a Cutro: colpa di chi si è messo in viaggio? Presidente Mattarella, possiamo contare almeno su di lei? Gli imponga l’unico gesto saggio degli ultimi mesi. E dica loro che la prossima volta che vanno a un vertice europeo sull’immigrazione, invece di portare tanti inutili dossier di Piantedosi, portino questa foto. E dicano ai nostri partner: volete vedere un aspirante clandestino? Eccolo qui, sciagurati!

 

3 Aprile 2025

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