"I dazi non sono una catastrofe"

Dazi, il mercato va in pezzi ma per Meloni è tutto a posto

Meloni prova a minimizzare il colpo mortale inferto dall’amico Trump all’Italia e al mercato europeo. Il governo tenterà di mendicare l’esclusione di una trentina di prodotti per mitigare i danni

Politica - di David Romoli

5 Aprile 2025 alle 08:00

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Nei frangenti drammatici mantenere la calma ed evitare isterismo, anche a costo di minimizzare i problemi, è sempre consigliabile e ma quando la premier esorta al controllo non fa che esprimere imbarazzo: “Sono preoccupata anche io per i dazi ma non è una catastrofe. A volte però minimizzare non è possibile ed è facile che questo sia uno di quei frangenti”. Due giorni fa, all’indomani della mazzata di Trump nella sostanza prevista, era stato la ripercussione invece inattesa in quelle proporzioni a convincere la premier Meloni a cancellare ogni impegno e convocare d’urgenza un vertice di maggioranza. A summit concluso, con ottimismo forse un po’ d’ordinanza, da palazzo Chigi ammettevano che il colpo era stato più duro di quanto atteso ma confidavano in un rimbalzo ieri. È andata all’opposto e con il 7% di crollo in borsa la situazione inizia a farsi troppo difficile per limitarsi a sdrammatizzare, come pure è necessario.

Qualcosa bisogna fare. L’opposizione incalza, esorta, rinfaccia. La realtà è che “fare qualcosa” in questo momento è più o meno impossibile. La Lega insiste per intavolare trattative bilaterali con gli Usa e per sfruttare la visita di Vance, quasi certamente il 19 aprile, per procedere in quella direzione. Non si può fare. Meloni lo sa e lo dice tagliando corto nella risposta a una domanda precisa: “Il governo si sfilerà da un’eventuale azione Ue in risposta ai dazi americani? Ma quale sfilarsi!”. Tajani è meno secco: “Non possiamo negoziare con gli Usa perché la competenza è della Commissione europea e dunque tratta il commissario Sefcovic, confrontandosi con noi”. Quel che può fare l’Italia, per il momento, è principalmente cercare di orientare la decisione della Commissione da un lato e dialogare con la squadra di Trump con un obiettivo preciso: il dimezzamento del dazio sull’import europeo, dal 20 al 10%. Mentre Sefcovic tratta, prosegue il ministro degli Esteri, “io me ne vado in India e Giappone”. È un’altra delle poche cose che l’Italia può fare subito: darsi da fare per cercare nuovi mercati. Non basterà comunque a compensare il danno provocato dall’offensiva di Trump ma potrebbe mitigarlo.

L’Italia insisterà certamente per evitare la guerra dei dazi, cioè per contrastare la tentazione, molto forte per la presidente von der Leyen, di rispondere colpo su colpo, anzi dazio per dazio, all’offensiva americana. “In materia di dazi le prove muscolari provocano un danno a tutti. Qui non si tratta di fare agli americani un dispetto che sarebbe un dispetto agli europei e agli italiani: una grande sciocchezza”. Tajani sa però che probabilmente già mercoledì prossimo verranno decise le prime contromisure, legate all’aumento dei dazi su acciaio e alluminio, non al recentissimo pacchetto. Si dovranno “scongelare” i beni americani soggetti a dazi e per l’Italia, come per tutti, è essenziale tenere fuori dal mucchio i beni che, se colpiti, esporrebbero l’Italia a una rappresaglia troppo dannosa. Nel complesso i prodotti americani che l’Italia chiede di escludere dalla lista nera sono una trentina, Tajani ne segnala due, i motori di piccola cilindrata e il bourbon, perché il costo di una rappresaglia sui ciclomotori e sul vino, sarebbe altissimo.

Le prime bordate dovrebbero essere una specie di prova di forza. Dopo la quale l’artiglieria del Vecchio continente dovrebbe tacere per uno e forse per due mesi, dando così alla eventuale trattativa modo e tempo per dispiegarsi. I margini per il momento sembrano ristretti, anche se Trump smentendo i suoi collaboratori non la esclude del tutto. Nella non improbabile caso che in quelle quattro o otto settimane il negoziato non decolli l’Europa passerà senza dubbio alla ritorsione ma qui l’Italia insiste per evitare ogni automatismo sui dazi, concentrandosi invece sul penalizzare i servizi e Big Tech, i fronti chiave dell’export americano, con tasse e leggi oltre e più che con dazi.

Ma la partita è appena cominciata e si allargherà presto al fronte finanziario. Trump ha praticamente ordinato ieri pomeriggio alla Fed di abbassare i tassi: “Sarebbe il momento perfetto. Il presidente Powell è sempre in ritardo ma ora potrebbe cambiare la sua immagine”. Powell ha deluso subito il presidente: “Per aggiustare la politica monetaria è troppo presto”. La Bce, a propria volta, valuta l’opportunità di una svalutazione competitiva. In attesa che le mosse della Commissione inizino a delinearsi, la premier italiana apre un’altra partita, parallela e altrettanto decisiva, quella per modificare subito le regole che impastoiano l’Europa: “Ora la revisione del Patto di Stabilità è necessaria come la sospensione delle regole del Green Deal sull’automotive”. È un’esigenza reale, figurarsi, ma è anche un modo per fingere di fare qualcosa in un momento di totale smarrimento e stallo.

5 Aprile 2025

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