Il nuovo ddl sicurezza
Forcaiolo e securitario, il decreto Sicurezza non fa dietrofront su madri e donne incinte: il governo le vuole in cella
Irrisa la parola di Mattarella. La mossa autoritaria del governo mantiene nel decreto il contenuto securitario e forcaiolo del ddl. Con la campagna “Madri fuori” non smetteremo di lottare
Giustizia - di Susanna Ronconi

Non c’è niente da fare: i contrappesi democratici, per la destra di governo, vanno elusi e sabotati, e il confronto in parlamento imbavagliato. Questa, alla fin fine, è la lezione appresa dall’iter del DDL ‘Sicurezza’, su cui il Presidente Mattarella è intervenuto, ponendo – pur con i limiti istituzionali previsti – la sua ipoteca etica e costituzionale su alcuni articoli.
La decisione è quella di aggirare il Parlamento ricorrendo alla decretazione di urgenza. Questo non solo non dà alcuna garanzia che vengano in effetti lasciati fuori gli articoli al centro della critica presidenziale, ma salva il DDL nel suo complesso, sottraendolo a un ampio confronto parlamentare. E infatti la lettura del testo del decreto elaborata dal governo suona come una irrisione della parola del Presidente. Una mossa autoritaria, che mantiene nel decreto il contenuto securitario e forcaiolo del DDL. Questo vale anche per gli articoli che riguardano il carcere. Non si ripristina affatto buon senso e diritto sulla punizione delle lotte non violente in carcere, ma si inserisce solo una postilla secondo cui si considera reato di rivolta solo un gesto commesso “in presenza di violazioni di ordini impartiti per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza”, cosa che in carcere può significare tutto e il contrario di tutto, a completa discrezione dei carcerieri. E per le donne incinte o madri di bimb3 al di sotto di un anno non va meglio: la norma che evita la custodia cautelare non viene affatto ripristinata, ma la detenzione preventiva può essere prevista negli ICAM, istituti a custodia attenuata per le madri. Cioè: carcere!
La Campagna ‘Madri fuori. Dallo stigma e dal carcere’, avviata dall’associazione La Società della Ragione con l’adesione e il sostegno di centinaia di singol3 cittadin3 e associazioni, ha lottato in particolare contro uno degli articoli al centro delle critiche del Presidente: quello che revoca la norma secondo cui le donne incinte o madri di bimb3 fino a un anno di età non devono essere recluse, ma possono accedere alle diverse misure alternative che le leggi prevedono. Un diritto che già il codice fascista garantiva, confermato dalle successive legislazioni, e che la furia punitiva, razzista e classista del DDL trasforma invece in una eccezione affidata alla discrezionalità del giudice. Norma razzista e classista: non solo per la dichiarata intenzione, soprattutto leghista, di colpire in primo luogo le donne Rom, ma anche per i suoi stessi dispositivi.
L’articolo infatti abroga la garanzia di partorire libere, e il diritto dei bamin3 di nascere liber3, non certo in nome di una supposta pericolosità delle donne, e men che meno della gravità del reato, bensì in nome del rischio di recidiva: un rischio che è soprattutto delle donne più povere e escluse, e tipico dei reati minori, soprattutto contro il patrimonio. Una norma, dunque che impone il carcere alle madri che sono innanzitutto le più svantaggiate, e che si trovano a pagare il prezzo della loro povertà in termini di umiliazione e sottrazione della loro maternità. Per loro, la negazione di una maternità rispettosa di se stesse e dei loro figl3 diventa parte della punizione. Un dispositivo odioso, disumano e degradante. Stessa disumanità punitiva insita nel negare a un migrante di poter usare un cellulare per restare in contatto con i suoi cari e con il mondo, o a chi è reclus3 di poter aprir bocca e manifestare in modo nonviolento: norme su cui non a caso si estende l’ombra della incostituzionalità sottolineata da Mattarella.
La campagna ‘Madri fuori’ è indubbiamente servita: a informare e sollecitare le opposizioni in parlamento, che anche su questo hanno ingaggiato battaglia, e a farlo anche nel paese, portando il grido delle donne recluse nelle tante mobilitazioni locali, incentivando le visite nelle sezioni femminili per conoscerne la realtà, e nella campagna nazionale ‘A pieno regime’ contro il DDL. Ed è certamente servita anche a sollecitare la nota critica del Presidente. Ma questa decretazione d’urgenza non accoglie affatto le nostre proteste né i rilievi del quirinale: le donne incinte e madri di figl3 piccoli finiranno in carcere, sebbene ICAM: ma gli ICAM hanno le sbarre, sono reclusione! Un vero atto di guerra contro le donne, dentro una cultura patriarcale che non rinuncia a erodere diritti e rispetto, e farlo ai danni soprattutto delle più vulnerabili.
Lo scenario che questa destra così rapidamente e aggressivamente va definendo minaccia tutte le donne detenute, con una tenaglia fatta di un diritto penale sempre più punitivo verso le fasce sociali più deboli e verso chi lotta, un carcere sempre più vendicativo e, insieme, un arrogante revanscismo patriarcale. Non possiamo, allora, smettere di lottare. Anche ‘Madri fuori’, come le altre campagne, ha sempre sostenuto che il DDL dovesse essere rigettato in blocco, era ed è per noi inemendabile. Lo è anche questo decreto: l’opposizione più dura deve continuare, in parlamento e fuori.