Parola al gerrmanista

Parla Angelo Bolaffi: “Paura per un’Europa spaccata, allarmismo infondato sul riarmo tedesco”

“Berlino ha preso atto che la luna di miele con la Storia è finita. Anche la storia europea è finita. Preoccupa che l’Ue si spacchi. In Italia destra e sinistra non sanno cosa vogliono e discutono di Ventotene, un dibattito surreale”

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

5 Aprile 2025 alle 10:00

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Photo credits: Giulia Palmigiani/Imagoeconomica
Photo credits: Giulia Palmigiani/Imagoeconomica

Il riarmo tedesco e il futuro dell’Europa. L’Unità ne discute Angelo Bolaffi. Filosofo della politica e germanista.

Dice il professor Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale: “Il riarmo della Germania mi fa paura…”. E a lei, professor Bolaffi?
Timori e dubbi simili vennero espressi anche quando la Germania si riunificò. Poi risultarono completamente esagerati. Non solo, ma proprio l’esistenza di una “Grande Germania” funzionò da àncora di stabilizzazione per l’Europa, come peraltro nella crisi dell’euro. Io trovo che sia un fatto molto positivo. Un segnale potente in direzione dell’Europa. Una risposta a Putin e una presa d’atto che l’alleanza transatlantica, che era, per così dire, l’assicurazione sulla vita per la Germania, se non è finita certamente sta per scadere. Di conseguenza, la Germania prende atto che l’epoca è cambiata e siamo entrati in un’altra epoca in cui la Germania, i Paesi europei, vengono sfidati sul piano militare, cosa che fino al 22 febbraio del 2022 sembrava impossibile, anche se i segnali c’erano già stati in precedenza ma noi avevamo fatto come le tre scimmiette, finta di non sentire, non vedere e non parlare.

Senza girarci intorno. Il riarmo della Germania evoca inquietanti ombre del passato.
Nessun’ombra del passato. Con quel passato la Germania ha fatto i conti da tempo. Mi lasci dire che in questo dibattito c’è qualcosa di folle…

Vale a dire?
Questo signore, Friedrich Merz, deve ancora diventare cancelliere. È stata fatta soltanto una riforma di una legge costituzionale, nella previsione in cui…. Io discuterei del fatto della Germania che si riarma, se gli atti del cancelliere non fossero consoni ad una strategia europea. Ma finora stiamo parlando di che? Di una panna montata! Stiamo disquisendo, con allarmismi senza fondamento, di un segnale della potenza centrale europea, l’unica potenza che, assieme alla Francia e alla Polonia, può garantire la costruzione dell’Europa, e che prende atto che la sua funzione di “clandestino dello sviluppo”, in base alla quale guadagnava senza fare nulla, è finita. Questo è il fatto nuovo. La Germania prende atto che la luna di miele con la Storia è finita. Questo sì, su questo non c’è dubbio alcuno. Quello di cui non si vuole prendere atto è che siamo entrati in una fase nuova della storia. Anche la storia europea è finita.

In che senso, professor Bolaffi?
Vede, ho ascoltato e letto un dibattito surreale attorno al Manifesto di Ventotene. È bello, è brutto. Invece di dire quale Europa vogliamo noi, si sono accapigliati su quale Europa volevano Spinelli e gli atri confinati a Ventotene! Ma che discussione è mai questa. Quelli di Ventotene erano confinati a forza, nel mezzo di una guerra in cui nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo al mondo. L’idea della costruzione di una Europa unita è nata nel secondo dopoguerra. Su due condizioni: la Guerra fredda e la presenza americana. Queste due condizioni non ci sono più. Dopo la caduta del Muro di Berlino, dopo l’allargamento ad Est, dopo la crisi del 2008, abbiamo provato, in qualche modo, ad allargare la pelle di zigrino, cercando, con le vecchie regole, di prendere atto dei mutamenti che si stavano imponendo. Finché a un certo punto questo adeguamento soft è risultato impossibile, perché qualcuno, Putin, ci ha messo una mano, armata, sulle spalle e ha detto è finita, cambiamo. A questo punto è cambiata anche la Germania con se stessa. Ma anche qui, quante sciocchezze sono state dette e scritte, quanti improvvidi allarmismi sparsi ai quattro venti…

A cosa si riferisce?
Merz è un convinto transatlantico. Non è come la Merkel che parlava con Putin. Lui con lo zar del Cremlino non ci ha mai parlato. Lui è un amico degli Stati Uniti. Ha solo preso atto che la copertura americana è finita. Quello che stiamo vedendo e che mi preoccupa molto, è che l’Europa si sta spaccando, non più come nel 2008, tra i “virtuosi” risparmiatori e le “cicale”, ma tra chi avverte di essere in guerra, e si sente minacciato, e chi se ne frega. Nella fattispecie, l’Italia e il Portogallo. I famosi PIGS, cioè Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, non esistono più. La Grecia è armatissima, per via della Turchia; la Spagna litiga, ma comunque sta su altre posizioni; il Portogallo va per conto suo perché ormai guarda verso l’Atlantico. L’unico socio fondatore dell’Europa, Paese che conta, la seconda potenza industriale del continente, terza economia dell’Europa, cioè l’Italia, si divide al proprio interno neanche tra destra e sinistra, perché sia la destra sia la sinistra si dividono al proprio interno. Non sanno più cosa vogliono. E discutono di Ventotene.

In questo scenario, si è scatenata la guerra dei dazi di Donald Trump che investe pesantemente la Germania e di ricasco l’Italia. Come la mettiamo, professor Bolaffi?
La mettiamo che dobbiamo assolutamente tenere e tenerci legati all’Europa. Senza cadere in polemiche di bottega politica interna da cui mi tengo lontano, va però detto che la Meloni ha giocato la carta sbagliata, perché Elon Musk esce di scena. Con chi parla? Come diceva Pietro Ingrao, calma e gesso. Reazioni inconsulte non fanno bene a nessuno. In economia, quello che appare in una prima fase come qualcosa di positivo può avere in prospettiva un contro effetto negativo. Detto ciò, a me pare evidente che gli Stati Uniti abbiano voltato le spalle all’Europa. Per l’America, ancor prima di Trump, la centralità è l’Oriente, l’indopacifico. L’Europa diventa secondaria. E a questo punto, la Germania non può essere più un gigante economico e un nano politico. La Germania avrebbe voluto fino all’ultimo, lo abbiamo visto anche con il cancelliere uscente Scholz, prolungare quella fase della storia, ma è stata costretta a prendere atto che è sulla linea del fronte, e la situazione, a questo punto, si fa davvero molto complicata. Agli amici italiani che ci leggono, direi che la situazione è talmente cambiata che mentre nel 2008, quando c’era la cosiddetta “austerità” di Angela Merkel, c’era mezza Germania che stava dalla nostra parte, sostenendo che non si poteva imporre agli italiani rigidi vincoli di austerità, oggi quella Germania lì non c’è più. I Verdi che allora ci difendevano oggi sono i più “armati” degli altri. Gli unici che stanno con noi sono quelli del’AfD, e non è una bella compagnia.

Il cancelliere in carica Olaf Scholz ha usato parole durissime riguardo le decisioni di Trump, affermando che questa valanga di dazi doganali contro i partner commerciali americani «costituisce un attacco a un ordine commerciale che ha creato prosperità in tutto il mondo»
Scholz ha affermato che sull’economia tedesca ed europea i dazi imposti dall’America di Trump avranno lo stesso impatto traumatico prodotto dalla guerra di Putin contro l’Ucraina. Questo dimostra la gravità della situazione nell’analisi tedesca e che Berlino prende atto che la decisione americana è rivolta in primo luogo contro la Germania in quanto principale Paese esportatore e in secondo luogo a tutta l’Europa e in particolar modo all’Italia che alla catena di valore prodotta dalla Germania è il Paese europeo maggiormente legato.

A che punto è in Germania la formazione del nuovo governo?
È una trattativa faticosa. C’è uno scontro molto duro, perché questo impone a tutti e due i partiti che dovrebbero dar vita alla Grosse Koalition, Cdu ed Spd, dei cambiamenti. Gli uni, i democristiani, devono rinunciare un punto qualificante del loro programma elettorale, cioè il non toccare il vincolo del deficit di bilancio, un mantra per la Cdu-Csu. La prima cosa che hanno dovuto fare è cambiarlo.

E per la Spd?
C’è il grosso problema dell’indurimento della politica migratoria. Un tema importante che forse in Italia è sfuggito. Vede, proprio per i sensi di colpa, la Germania aveva elaborato una politica dell’asilo molto generosa. Questa politica ha avuto un effetto che ha coinvolto anche altri Paesi europei. I Paesi rivieraschi, compresa l’Italia, sono toccati solo parzialmente dall’immigrazione, parzialmente nel senso che la gran parte dei migranti non è interessata a restare in Italia ma intende andare al Nord, soprattutto in Germania, perché lì c’è una politica dell’assistenza, dell’accoglienza, molto generosa. Oggi coloro che in Germania si occupano di questa problematica, pensano ad una grossa svolta che però può avvenire solo a livello europeo.

Quale sarebbe questa svolta?
Ci stiamo accorgendo che finché rimarrà un diritto all’asilo individuale, questo favorisce da una parte quelli più ricchi tra coloro che emigrano, e dall’altro i più violenti, quelli più forti. Mentre coloro che avrebbero diritto all’asilo, ad esempio le donne, non vengono mai. E a decidere i ritmi sono gli scafisti. La discussione, nessuna decisione è stata ancora presa, è così sintetizzabile: se noi invece prevediamo un’ampia politica delle migrazioni fondata su contingenti e non sul diritto individuale, allora le cose cambiano. Perché significa organizzare nei Paesi di provenienza, secondo leggi stabilite, quote di migrazione. Questo nella Spd incontra grandi resistenze. Il governo è ancora in ballo, ma credo che alla fine lo faranno, perché andare a nuove elezioni anticipate sancirebbe il trionfo dell’AfD. Una catastrofe.

Per tornare al tema del riarmo…
Riarmo maddeché, direbbero a Roma. Le caserme non ci stanno, non c’è ancora niente. Non stiamo nel 1923. Si agita lo spettro del riarmo tedesco. Va bene, cioè male, ma allora cosa bisognerebbe fare? O si decide, come qualcuno sostiene, che non bisogna fare alcunché, questa è una scelta che fecero anche molti pacifisti prima della Seconda guerra mondiale, salvo poi rivedere autocriticamente quella posizione. Morire per Danzica… Oppure bisogna dire che l’Europa deve fare qualcosa. Ok, ma chi in Europa? Si dice: esercito europeo. Dove, come, con chi? Se la difesa è ancora competenza nazionale, di cosa si parla…Allora sarebbe più coerente dire, anche per il PD, che non se ne fa niente. Certo che bisogna arrivare all’esercito europeo, ma è un obiettivo finale a cui tendere. Pure quando nacque l’euro, si fecero prima degli esperimenti per arrivarci. Non è che si fece da un giorno all’altro.

5 Aprile 2025

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