Mezzo secolo dopo...
Piazza della Loggia, come cascina Spiotta un processo e una sentenza anomala dopo 50 anni
Il problema sta nel tanto, decisamente troppo tempo che è trascorso dai fatti. Si processa oggi un uomo di quasi 70 anni per un fatto che avrebbe commesso da adolescente.
Giustizia - di Frank Cimini

Quando la giustizia arriva mezzo secolo dopo. L’ultimo esempio è la sentenza del tribunale dei minorenni di Brescia (sì, perché l’imputato all’epoca dei fatti aveva 16 anni e mezzo) che ha condannato Marco Toffaloni a 30 anni di carcere come esecutore materiale della strage di piazza della Loggia del maggio 1974 che provocò 8 morti e 32 feriti. Qui non discutiamo del merito del verdetto che tra l’altro dovrà essere ancora valutato in Corte di appello e in Cassazione e dunque passibile di ribaltamento, aggiustamenti o revisione.
Il problema sta nel tanto, decisamente troppo tempo che è trascorso dai fatti. Si processa oggi un uomo di quasi 70 anni per un fatto che avrebbe commesso da adolescente. Ma non è solo questo a inquietare. C’è un contesto storico-politico di cui praticamente da sempre in Italia si discute solo nelle aule dei tribunali. E i giornali ne parlano solo nel caso di approdi giudiziari. La politica, la cultura, gli intellettuali continuano a essere assenti. Non conosce ostacoli quella delega completa che la politica aveva affidato alla magistratura per risolvere i problemi dei nessi e connessi con la storia della strategia della tensione, le stragi nere, le connivenze e coperture di apparati statali fino alla sovversione interna, al tentativo di evoluzione fallito rubricato sbrigativamente da allora fino a oggi perché faceva e fa comodo come terrorismo.
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Sì, perché piazza della Loggia è come cascina Spiotta. Come il processo appena iniziato alla Corte di appello di Alessandria per la sparatoria in cui morirono l’appuntato Giovanni D’Alfonso e la dirigente delle Brigate Rosse Margherita Cagol, detta Mara. Sono imputati tre ultra ottantenni, Lauro Azzolini, come presente ai fatti, Mario Moretti e Renato Curcio che in quanti vertici delle Br “non potevano non sapere”. La sentenza arriverà entro l’anno in corso e saremo ovviamente solo al primo grado. Sui problemi emersi in quegli anni non si discute, al massimo c’è materia per dietrologie becere perché in qualche modo aiutano a vendere qualche copia in più di giornali, qualche libro, a costruire carriere.
Le sentenze lasceranno inevitabilmente il tempo che trovano. Toffaloni è cittadino svizzero, non può essere estradato e la strage di piazza della Loggia per la giustizia di Berna è da tempo prescritta. Gli ex dirigenti delle Brigate Rosse difficilmente finiranno in carcere anche in caso di condanna. Almeno si spera. Perché al desiderio e allo spirito di vendetta di uno Stato che non intende minimamente ripensare alla sua Storia ci dovrà pur essere un limite. Anche se è vero che al peggio non c’è fine. Mai.