La manifestazione grillina per la pace
Manifestazione contro il riarmo, il successo di Giuseppe Conte tra Rita De Crescenzo e Kristian Paoloni…
Barba e baffi da gruppettari e probiviri del Pci, borselli e borse di tolfa che un tempo sfilavano nei cortei della sinistra. Quanta nostalgia dei tempi che furono: meritavano di meglio che l’Avvocato del popolo
Politica - di Fulvio Abbate

È stata la cresima politica di Giuseppe Conte. L’asteroide che ormai da decenni ha frantumato il corpo della Sinistra, in prim’ordine il Pci e suoi satelliti minori, sabato scorso, a Roma, tra la Porta Magica di piazza Vittorio, reame d’Esquilino, e l’ex via dell’Impero, sembra avere dato vita, limatura di ferro pronta a solidificarsi in altra materia, a un oggetto politico finora semisconosciuto.
L’atto di nascita dell’ircocervo ha coinciso con una manifestazione che innalzava come proprie parole d’ordine innanzitutto il rifiuto della guerra, le ragioni del pacifismo e altre istanze ancora riferite allo stato delle cose belliche planetarie. Detto più espressamente, un pacifismo armato di stelle: 5 per l’esattezza. Non sembri paradossale che l’impresa finale, decisamente andata a segno, mostri il volto, finora ritenuto ordinario, dell’avvocato Giuseppe Conte, succedaneo trionfante sull’ormai trascorso, assente perfino alla memoria dei suoi ex sostenitori, Beppe Grillo. A stringersi intorno all’Eroe del giorno, in un corteo lì a sfiorare una metaforica via Merulana, pasticciaccio in questo nostro caso post-ideologico, soprattutto un’armata tutta sua, personale, in subordine Rifondazione comunista, ma soprattutto un “popolo” perseverante nella militanza che, sempre un tempo, – l’Unità o il Manifesto visibile fuori dalla tasca dell’eskimo, come nella canzone di Guccini – non avrebbe mai perso occasione di mostrarsi in corteo, presente alle bandiere dell’impegno, d’ogni mobilitazione. Si sappia che la diffusione volontaria l’altro giorno mostrava in primo luogo Il Fatto Quotidiano di Marco Travaglio. Ospiti decisamente minori, giunti quasi a “baciare la pantofola” dell’avvocato alcuni maggiorenti del Pd, nell’assenza di Elly Schlein.
A dimostrare però che la manifestazione sia riuscita, non sembri una nota secondaria, la presenza di Kristian Paoloni, “Il Salutatore”, che si è fatto dono di un doveroso selfie con Rita De Crescenzo, succedanea della Pasionaria al momento disponibile, il suo appello, rivolto a milioni di follower personali, non esattamente figli dei ceti medi riflessivi, sembri avere portato una piccola flottiglia di pullman nell’Urbe, pronti a loro volta ad applaudire Conte, giunti direttamente dalla Campania Felix, ingrossando un corteo destinato a raggiungere infine la quinta monumentale del Colosseo e del Foro di Traiano, colore aggiunto al quotidiano turistico d’aprile. Il palco, accostato alle statue dei Cesari fuse nel bronzo già littorio, ha così visto l’apoteosi della “specie” politica già grillina, emendata d’improvviso da ogni “vaffa” e perfino dalle forme teatrali cui ci aveva abituato il Fondatore, l’Elevato. Se l’intento riguardava una prova di forza, mostrare la propria evidenza pubblica, politica, va detto che l’obiettivo da parte di Conte può dirsi raggiunto brillantemente, insieme agli altri diretti interessati promotori di contorno, Fico, Taverna…
Ovunque bandiere ormai contiane a dimostrare che la deriva della sinistra ha trovato un sostituto araldico nel vessillo acromo del Movimento, pronto a surclassare ogni altro segno identitario, compreso lo stesso arcobaleno pacifista, per non dire le bandiere rosse residuali, le gialle con volto di Ocalan, i quattro mori dei Sardi onnipresenti, idem i simboli dell’Ucraina martoriata dalle bombe di Putin. Umberto Pizzi, maestro di fotografia, reflex al collo, ragionando proprio sulla composizione della piazza, dice infatti di riconoscere soprattutto “facce di compagni”. Esatto, nel frattempo trasmigrati, trasfigurati, nonostante le barbe e i baffi da gruppettari o probiviri Pci di sempre, in una nuova specie indistinta: sorta di sinistra mutante, dove appunto il nuovo simbolico in parte “anemico” coincide proprio con il campo bianco virginale delle bandiere del partito di Giuseppe Conte, professionista del Foro, che tuttavia da tempo sembri frequentare piuttosto l’avviamento professionale dei tribuni, sebbene la sua prosa assomigli assai di più a quella dei titolari di Caf. Crudelmente, Corinne, che ha scelto di accompagnarmi lì in piazza, mostrando molti dubbi sulla bontà dell’oratore, prova a contraddirmi: “Ma tu lo capisci quando parla?”.
Tutto vero, persiste la sensazione che l’uomo interpreti un ruolo che fino a qualche tempo prima non gli era confacente, nonostante ciò basterebbe guardare la distesa umana presente per intuire che lo studio delle tecniche oratorie care al populismo lo abbia infine premiato. Irrilevante che tra i manifestanti non vi siano più il pittoresco elettore pentastellato che amava presenziare in costume da moschettiere, spada al fianco, presenza fissa quando appunto il Movimento 5 stelle viveva la sua infanzia politica sotto la signoria del Garante. Cancellato, neppure evocato, per nulla rimpianto, Grillo, se non addirittura in effigie tumulato. Assente ancor meno lo spettro del teorico antemarcia Casaleggio. Roma in un giorno di pieno sole, i mandorli in fiore, le palme a fare ombra dall’alto, le magliette gialle dei concessionari pressoché unici dell’evento, il popolo di Conte, trionfatore, Casalino a far cordone del cordone, emendata, cancellata, sconfitta altrettanto l’anima iniziale terrapiattista; nessuno che voglia ancora sussurrare di scie chimiche o 5G, e non sembri questa una bugia. E poi ancora nuovamente barbe, kefieh, borselli, borse di Tolfa che in altre ere avremmo notato, appunto, indosso alla “gente di sinistra”. La nuova “specie” già grillina si è data convegno: c’è l’angolo No-Tav, c’è il punto dove appare un grande striscione che annuncia ogni rispetto e “pace per il popolo russo”.
Intanto, laggiù, dove era un tempo si trovavano i leggendari magazzini “Mas”, i “compagni” di Rifondazione srotolano un bandierone palestinese, il tempo di accogliere Enrico Calamai, nostro console in Cile, lui che salvò molti militanti nei giorni del golpe di Pinochet. Una fiumana. Alta l’età media dei partecipanti, e ancora lo sguardo ha modo di cogliere una bandiera russa con la livrea dell’ordine di San Giorgio, implicito atto di simpatia verso Putin? C’è padre Alex Zanotelli, passa lo storico Angelo d’Orsi; più che una manifestazione pacifista, ripeto, siamo in presenza dell’affermazione d’esistenza del nuovo Movimento 5 stelle. Chi si è staccato dalla frana dell’ideale promontorio della sinistra sembra adesso essere lì: riuscirà Conte a parlare, a farsi sintesi di questo popolo smarrito e forse in cerca perfino di nuove identità? E quali indicazioni dialettiche i suoi suggeritori gli avranno dato per rendersi convincente a una piazza comunque plurale?
Uno striscione ancora compassionevole verso “la Russia non è il nostro nemico”, i cartelli “più sanità meno armi”, l’età non proprio verde dei partecipanti improvvisamente fa tornare in mente la manifestazione dei pensionati con cui si apre il capolavoro di De Sica e Zavattini, “Umberto D.”, forse i figli, i nipoti ormai cresciuti di quel mondo inizialmente in bianco e nero sono adesso qui. Nel tempo sono stati i comunisti, talvolta extra parlamentari di una sinistra in attesa di futuro, già, quale futuro? Un turbine di odore di erba mi travolge mentre le bandiere della pace e quelle bianche si avviano a comporre l’ennesimo blocco del corteo. Osservando la fiducia che molti ripongono nel simbolico offerto da Conte, torna in mente Pasolini il racconto una domenica al Cinema “Splendid” sull’Aurelia, il candore dei militanti, dell’umile Italia, ma adesso invece? C’è chi sciama, bandiere sotto braccio, verso le rosticcerie di via Buonarroti, in cima al palazzo dove abita l’architetto Alessandro Busiri Vici, erede di una stirpe d’arte, freme intanto al vento un tricolore.
Più in basso scorgo anche quelle dei sindacati di base e dell’Unione sindacale italiana, gli anarchici; L’influencer Rita De Crescenzo, in mattinata, in previsione della gita politica a Roma, grandi occhiali contundenti YSL ha preparato i panini: cotto e svizzero, il marito ha provveduto ad avvolgerli nella stagnola, passa Conte e dietro di lui cantano Bella ciao, suggeriscono di riconoscersi nell’Italia antifascista, hanno tolto il due, la prima cifra al 25 aprile, resta il 5, sempre d’aprile, il più crudele dei mesi agli occhi del poeta Eliot, o forse il giorno della cresima politica di Giuseppe Conte, l’Avvocato potrà tornare a casa contento.