Le motivazioni della sentenza
Ergastolo a Filippo Turetta, Elena Cecchettin: “Aggravante della crudeltà esclusa? Terribile precedente”
La sorella della vittima: "Fa la differenza riconoscere le aggravanti, perché vuol dire che la violenza di genere non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno. Ma molto prima. E significa che abbiamo tempo per prevenire gli esiti peggiori"
Cronaca - di Redazione Web

Fanno discutere le parole nella motivazione della sentenza che ha condannato all’ergastolo Filippo Turetta, il ragazzo reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, sua ex fidanzata, a Vigonovo, in provincia di Padova. Fanno discutere perché nel dispositivo si legge che non è possibile “desumere con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio” che l’imputato “volesse infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive” e “non è a tal fine valorizzabile, di per se, il numero di coltellate inferte”. La Corte d’Assise di Venezia ha spiegato in questo modo l’esclusione dell’aggravante della crudeltà dalla condanna.
75 coltellate non sarebbero state “un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima” ma “conseguenza della inesperienza e della inabilità”. Colpi ravvicinati, rapidi e “quasi alla cieca” sono emersi dalle immagini della videoregistrazione dell’omicidio, una dinamica che non sarebbe “stata dettata, in quelle particolari modalità, da una deliberata scelta dell’imputato”. Secondo i giudici Turetta “non aveva la competenza e l’esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito”. Si sarebbe fermato soltanto quando si è reso conto di aver colpito l’occhio della ragazza, “mi ha fatto troppa impressione”.
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Passaggi che potevano essere forse risparmiati dal dispositivo, che nella pratica non tolgono nulla alla sentenza di condanna ma che hanno sollevato un dibattito sull’esclusione delle aggravanti. “Una sentenza simile, con motivazioni simili in un momento storico come quello in cui stiamo vivendo, non solo è pericolosa, ma segna un terribile precedente”, ha scritto in una storia Instagram Elena Cecchettin, sorella di Giulia, che con le sue parole ha contribuito a rendere il caso una questione politica, sociale, a mettere il tema del femminicidio, della violenza sulle donne e del patriarcato al centro dell’attenzione mediatica.
“Se non iniziamo a prendere sul serio la questione tutto ciò che è stato detto su Giulia che doveva essere l’ultima sono solo parole al vento. Sì, fa la differenza riconoscere le aggravanti, perché vuol dire che la violenza di genere non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno. Ma molto prima. E significa che abbiamo tempo per prevenire gli esiti peggiori. Sapete cosa ha ucciso mia sorella? Non solo una mano violenta, ma la giustificazione e menefreghismo per gli stadi di violenza che anticipano il femminicidio”. Cecchettin ha rimandato alle parole scritte sempre sui social dopo la sentenza dello scorso dicembre.
Già in quell’occasione aveva criticato l’esclusione dalla sentenza delle aggravanti della crudeltà e dello stalking. “Il non riconoscimento dello stalking (non parlo nemmeno dell’altra aggravante perché si commenta da sola la situazione) è un’ennesima conferma che alle istituzioni non importa nulla delle donne. Sei vittima solo se sei morta. Quello che subisci in vita te lo gestisci da sola. Quante donne non potranno mettersi in casi più palesi non viene riconosciuta una colpa. Però va bene con le frasi melense il 25 novembre e i depliant di spiegazione”.
Altro passaggio era stato dedicato alla difesa di Turetta tramite teorie abiliste. “È facile richiudere in cella per sempre una persona lavandosene le mani poi e dicendo di aver fatto giustizia. Ma è questa la vera giustizia? Se non iniziamo a prendere sul serio la questione tutto ciò che è stato detto su Giulia che doveva essere l’ultima sono solo prole al vento. Sì, fa la differenza riconoscere le aggravanti, perché vuol dire che la violenza di genere non è presente solo dove è presente il coltello o il pugno. Ma molto prima. E significa che abbiamo tempo per prevenire gli esiti peggiori. Sapete cosa ha ucciso mia sorella? Non solo una mano violenta, ma la giustificazione e menefreghismo per gli stadi di violenza che anticipano il femminicidio”.