L'ex presidente della Camera
“Trump vuole sfaldare l’Europa, Meloni e Salvini gli reggono il gioco: che errore il riarmo europeo”, parla Laura Boldrini
«Il presidente Usa ha cambiato radicalmente i rapporti dell’Occidente. Dall’economia ai diritti lui e i suoi sono una catastrofe, l’America sana è sotto shock. L’Ue brancola nel buio: che errore riarmare 27 paesi, è nata come progetto di pace e come tale dovrebbe agire. Solo la pace offre un futuro»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli

Laura Boldrini, già Presidente della Camera, parlamentare del Partito democratico e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo: Non passa giorno che non arrivi una notizia spiazzante dagli Usa. In alcuni casi drammatica. Dai dazi che alzano muri con paesi storicamente alleati, rischiando di mandare in recessione gli stessi Stati Uniti, alle deportazioni di massa dei migranti, a dichiarazioni che ridicolizzano gli altri capi di Stato e di governo. “Vengono a baciarmi il…” è qualcosa che nessun presidente aveva mai detto prima. Cosa sta succedendo agli Usa?
La nostra generazione e quella dei nostri figli sono cresciute con alcuni punti di riferimento considerati incrollabili. Gli Stati Uniti sono alleati, il diritto internazionale è una tutela fondamentale per la pace, per chi è in cerca di giustizia e per chi lotta per i propri diritti, l’Europa è la nostra casa comune. Negli ultimi anni tutto questo si sta, lentamente, indebolendo. L’elezione di Trump è stata una specie di cataclisma, in questo senso, e rappresenta un radicale cambio di paradigma nei rapporti del cosiddetto Occidente. Sono stata a New York, all’inizio di marzo, in occasione del Meeting degli Stati parte del trattato per la proibizione delle armi nucleari. Un tema già di per sé incredibilmente attuale, se pensiamo agli scenari di guerra che ci circondano, che vedono impegnate potenze nucleari (la Russia e Israele) e anche alla corsa al riarmo che anche l’Europa ha rilanciato. E durante la mia visita ho potuto incontrare diverse persone, attivisti, giornalisti, accademici. Ho avuto un interessante scambio con alcune studentesse e studenti della Columbia University, mi sono confrontata con chi quotidianamente si occupa dei diritti delle donne, dei migranti, delle persone LGBTQIA+.
Cosa l’ha colpita di più?
La sensazione che è prevalsa in me è che fosse una città in apnea, sospesa tra paura e sgomento per quello che fin dai primissimi giorni della sua presidenza, Donald Trump aveva messo in atto. Una sfilza di ordini esecutivi che trasformano gli Usa, che consideravamo la patria dei diritti e delle libertà, nel paese dove si perseguitano i migranti, si arrestano gli studenti che manifestano per la Palestina e si stralcia la loro laurea, si pensa di cancellare con un tratto di penna le persone trans, si cacciamo i giornalisti non allineati dallo Studio Ovale, si tagliano i fondi alle università che hanno corsi sulla storia degli afroamericani. Si licenziano dall’oggi al domani migliaia di dipendenti pubblici e si azzera il contributo di 70 miliardi di dollari per i progetti rivolti alle popolazioni bisognose in ogni angolo del mondo che non avranno più neanche il minimo per sopravvivere.
Che reazioni ha visto, nella società newyorchese?
Mentre tutto questo accade, la parte sana della società statunitense, che c’è ed è ampia, sembrava sotto shock. Nelle ultime settimane, però, qualcosa sta cambiando. Il tour di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez ha risvegliato le coscienze contro quella che loro chiamano, con ragione, un’oligarchia. Lo scorso fine settimana, inoltre, le piazze in tutti gli States si sono riempite di centinaia di migliaia di persone che non sono più disposte a restare ferme davanti alla catastrofe che Trump, Musk, Rubio, Vance rappresentano per gli Usa e per il mondo intero. Una catastrofe, appunto, su qualsiasi fronte: dai diritti, alle libertà passando per l’economia e l’ambiente. Sono fiduciosa che queste energie possano essere catalizzare nella giusta direzione.
Viviamo in un mondo strettamente interconnesso e, per certi versi, interdipendente. Che effetti ha tutto questo sull’Europa e sull’Italia?
Ha effetti gravissimi. L’Unione europea sembra brancolare nel buio e pensa che riarmare 27 singoli stati possa essere una risposta valida, invece che puntare a una difesa comune: una visione del tutto insensata. La forza dell’UE è nella sua unità. Armare fino ai denti 27 stati che hanno sistemi d’arma diversi, forniture diverse, che non si parlano tra loro e non sono facilmente coordinabili è un errore. Ed è un errore destinare all’acquisto di armi 800 miliardi distogliendo di fatto fondi al welfare, alla sanità, all’istruzione cioè a tutto ciò che rende l’Europa un progetto comune. L’Ue non nasce come unione di eserciti diversi, ma di Stati e di popoli. Nasce come un grande progetto di pace e come tale dovrebbe continuare ad agire. Ma, purtroppo, negli ultimi anni, così non è stato. E questo è il momento perfetto per rinsaldare questa unione, partendo da una politica estera comune che abbia al centro il mantenimento della pace che abbiamo vissuto negli ultimi 80 anni. E’ anche il momento giusto per allargare le alleanze, per trovare altri partner ed esplorare nuovi orizzonti.
E l’Italia che ruolo gioca in tutto questo?
Potrebbe avere un ruolo determinante, come paese fondatore dell’Ue. Invece abbiamo un governo ambiguo e una premier che fa l’europeista a Bruxelles e l’amica di Trump in Italia. Riarmo sì o riarmo no? Dazi sì o dazi no? Lei ha capito da che parte sta il governo Meloni? Perché se parla con Salvini le dirà che i dazi sono un’opportunità (in barba alle borse che continuano a collassare ogni giorno) e che il cosiddetto “ReArm Europe” non va bene. Se parla con Meloni le dirà che i dazi sono un errore, ma pensa di potere trattare personalmente con Trump e, intanto, ha impiegato una settimana a convocare le aziende per confrontarsi proprio sui dazi mentre in Spagna Pedro Sanchez ha annunciato i ristori per le imprese spagnole già all’indomani dell’annuncio di Trump. Del resto, era noto non solo che li avrebbe imposti, ma anche il giorno e l’ora esatta. E c’erano anche delle previsioni, rivelatesi vere, sulle percentuali. Perché farsi trovare impreparati? Davvero Meloni pensava che l’Italia sarebbe stata graziata in nome dei sui rapporti personali con Trump? Il risveglio da questo sogno deve essere stato brusco. Il vero obiettivo di Trump è sfaldare l’Ue, frammentarla e renderla fragile e Salvini e Meloni gli reggono il gioco, sebbene in modi diversi. Antepongono l’interesse di parte, dei loro legami politici con Trump agli interessi dell’Europa che, deve essere chiaro, sono gli interessi dell’Italia.
Dopo molto tempo e dopo le visite di tanti altri capi di Stato e di governo, il prossimo 17 aprile Giorgia Meloni andrà a Washington. Cosa dirà a Trump? Cosa possiamo aspettarci da questa visita?
Non possiamo sapere adesso cosa dirà a Trump. Ma da una patriota, come lei ama definirsi, mi aspetto un guizzo di orgoglio, di dignità. Che sia un orgoglio europeista, però. Trattare da singolo stato è un’illusione pericolosa e inutile. Solo un’Ue coesa e forte può reagire a questo tsunami e a un presidente statunitense che prima provoca la crisi delle borse di tutto il mondo ponendo dazi irragionevoli e, una settimana dopo, in modo totalmente imprevedibile, li sospende per 90 giorni. Non sappiamo a chi si riferisse il presidente statunitense quando ha detto, con un tono da bullo del liceo, che c’è la fila di capi di Stato e di governo pronti a baciargli… la pantofola (diciamo così) scimmiottando implorazioni a trattare. Considera Meloni una di loro? Non è un buon presupposto per una visita fruttuosa.
Abbiamo parlato di Meloni e Salvini, ma al governo c’è anche Tajani.
Qualche giorno fa, durante una seduta congiunta delle commissioni Esteri e Difesa, alle nostre domande sui rapporti con gli Usa di Trump, che si è chiaramente rivelato un partner inaffidabile, Tajani ha risposto che i rapporti dell’Occidente non sono in discussione perché sono incrollabili e “millenari”. Lei, come moltissime altre persone, avrà visto il video del mio battibecco con lui che è diventato virale. Il botta e risposta nasceva proprio da queste sue dichiarazioni che per usare un eufemismo possiamo definire disarmanti. Oltre ad essere storicamente false, come sa chiunque abbia studiato un po’ di storia, nega la realtà che purtroppo stiamo vivendo. È stato Trump a dichiarare che l’Ue è nata per “fregare” (anche qui, usiamo un sinonimo accettabile) gli Usa. È Trump che vuole annettere la Groenlandia, territorio della Danimarca che, fino a prova contraria, è membro dell’Ue. È Trump che ha imposto dazi da strozzino. È Trump che sta alzando la tensione e che vuole creare il caos. Non fare i conti con questo significa non essere in grado di gestire la crisi in corso. Su questo ci siamo scontrati e questo continuerò a dire a un ministro che si comporta come un vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro, che non prende una posizione netta su quasi niente: dal genocidio a Gaza fino alle oceaniche manifestazioni turche contro Erdogan che fa arrestare il sindaco di Istanbul Imamoglu, suo unico competitor. Tajani esprime “preoccupazione” per quello che accade in Palestina e dice di “seguire con attenzione” le vicende turche. Non una parola di condanna per chi stermina un popolo, viola il diritto internazionale, per chi mina le più elementari regole democratiche. Niente di niente.
Ha appena accennato al genocidio in corso a Gaza da ormai un anno e mezzo. E poi c’è la guerra in Ucraina sulla quale la tregua sembra lontana nonostante le promesse di Trump di fare cessare tutti i conflitti in una settimana. La pace, insomma, appare essere ancora troppo lontana.
Trump e Putin non stanno discutendo della pace: stanno discutendo di come spartirsi l’Ucraina. Uno vuole le terre rare, l’altro i territori con i giacimenti di gas. Altro che “pace giusta”: quella di cui si parla è una pace predatoria. E l’Ue riesce solo a parlare di riarmo, come ha saputo solo inviare armi in Ucraina fin dall’inizio della guerra. Se l’Ue avesse svolto un’azione negoziale e di mediazione, non avrebbe lasciato a Trump modo di farlo con i metodi ricattatori e spregiudicati che stiamo vedendo. A Gaza, d’altro canto, passo dopo passo, si sta mettendo in atto il piano di Trump e Netanyahu: svuotare la Striscia dai palestinesi deportandoli altrove con un piano di pulizia etnica e trasformarla in una riviera per turisti miliardari. La pace non è un vero obiettivo per nessuno di loro. Siamo noi progressisti e di sinistra che dobbiamo contrastare questa dominante narrazione di guerra e rimettere al centro la diplomazia e il dialogo. L’Ue deve ricavarsi questo ruolo perché questa è la sua natura. Ci sono state diverse piazze, nelle ultime settimane, che, sebbene differenti in alcuni aspetti, volevano porre l’accento proprio sulla necessità di rimettere la pace al centro dell’azione politica, del discorso pubblico, dei rapporti tra Stati. Erano tutte piazze progressiste. Ed è questo che dobbiamo fare: lavorare per ridurre le minacce e creare un senso di sicurezza reciproca. Non si riducono le minacce aumentando le armi. Anzi, si amplificano. Non si aumenta il senso di sicurezza reciproca puntando i cannoni verso l’altro. Dobbiamo, invece, parlare di pace farla diventare la spina dorsale di qualsiasi cosa facciamo, come politici, come partiti, come società civile. Solo la pace dà sicurezza, solo la pace azzera le minacce. Solo la pace offre un futuro.