La lotta contro l'estremismo del potere

Come resistere alle tecno-élite, le casematte di Gramsci contro l’ideologia Trump-Musk: “Libertà e democrazia incompatibili”

I nuovi padroni del mondo lo dicono esplicitamente: “La libertà è ostacolata dalla partecipazione democratica”. Il liberismo dell’algoritmo vuole eliminare il cittadino e punta sulla solitudine

Politica - di Massimiliano Smeriglio

13 Aprile 2025 alle 19:38

Condividi l'articolo

AP Photo/Jeffrey Phelps – Associated Press / LaPresse
AP Photo/Jeffrey Phelps – Associated Press / LaPresse

Persona dopo persona. La differenza, tra il prima e il dopo le elezioni americane, è che la vocazione verso la solitudine del singolo consumatore diventa, qui ed ora, un modello politico sociale egemone, una pulsione estrema del mercato e una possibilità tecnica replicabile ed esigibile. Queste tre condizioni determinano un salto di paradigma storico.

La figura di Elon Musk, imprenditore globale, simbolo di una nuova élite ipertecnologica e feudale, incarna perfettamente questo passaggio: l’emersione di un capitalismo autoritario fondato sull’algoritmo e sul controllo individualizzato delle masse, dei loro bisogni, dei loro stili di consumo. Al centro di questo nuovo ordine c’è una divaricazione strutturale tra democrazia e libertà, ridefinite e svuotate del loro significato originario. La libertà viene reinterpretata come diritto assoluto alla separazione dall’altro, all’isolamento. È la libertà come fuga dalla collettività e dalla collegialità, resa possibile e incentivata da piattaforme che trasformano ogni interazione umana in dato, ogni preferenza in profilazione, ogni relazione in scelte algoritmiche.

Il capitalismo è un modello perennemente cangiante, capace di flirtare, accompagnare o imporre modelli sociali democratici o totalitari a seconda delle necessità di business o della capacità del movimento operaio di contenerlo imponendo una mediazione tra capitale e lavoro o minacciando di ribaltarlo. Negli ultimi decenni il mercato ha sempre di più spinto verso meccanismi individualizzati segmentando la domanda di beni e servizi. La libertà delle potenze mondiali che cammina sulla punta del fucile, con la guerra che torna a valere sulla vita delle persone. Il capitalismo algoritmico governa attraverso la produzione di solitudini e la rottura del diritto internazionale umanitario. Nel modello di Musk e di altri oligarchi digitali, la tecnologia diventa non più uno strumento, ma l’unico mediatore possibile tra individui e società. Il capitalismo algoritmico si fonda su una promessa: ottimizzare la vita attraverso l’automazione, risparmiando tempo, risorse e, soprattutto, evitando interazioni fisiche. Questa ottimizzazione richiede la disconnessione dagli altri, la rinuncia al rapporto con l’altro da sé.

Più un individuo è solo e più è vulnerabile; più è isolato e più è prevedibile. L’algoritmo funziona meglio quando l’umano è ridotto a pattern, a comportamento quantificabile. Ecco perché il nuovo capitalismo non ha bisogno di cittadini, ma di utenti e di comportamenti seriali. Non necessità sociali, ma di mercato. Non di comunità, ma di individui. La solitudine è una funzione sistemica da coltivare e non più una condizione esistenziale da combattere. Il terreno ideale su cui fiorisce il dominio dell’algoritmo, la sua capacità di orientare le vite. Monoporzioni, piattaforme, tv generalista, acquisti on line, on demand, farmaci, psicofarmaci.
Una delle espressioni più ciniche e lucide di questo nuovo ordine viene da Peter Thiel, miliardario trumpiano, cofondatore di PayPal e investitore in aziende di sorveglianza come Palantir. Thiel ha affermato apertamente che “la libertà e la democrazia sono incompatibili”. Secondo lui, la democrazia — intesa come processo partecipativo, inclusivo, pluralista — è un freno all’innovazione, all’efficienza e, soprattutto, al potere delle élite imprenditoriali. Meglio, piuttosto, un ordine tecnocratico in cui poche menti brillanti guidino il mondo secondo logiche di mercato, efficienza e selezione brutale fondata sulla forza.

Thiel, come Musk, promuove un’ideologia libertaria-conservatrice che disprezza ogni forma di mediazione collettiva. Lo Stato è un ostacolo, le istituzioni democratiche sono lente, la società civile è un rumore di fondo, per non parlare di partiti, movimenti e sindacati. In questa visione, la libertà coincide con la possibilità per pochi di arricchirsi senza vincoli, mentre la maggioranza viene lasciata a sopravvivere in un ecosistema progettato per mantenerla isolata, dipendente, consumatrice. Una maggioranza soggiogata culturalmente da una egemonia sprezzante in cui il rancore va scaricato su chi sta peggio mentre ci si percepisce come soggetti in difficoltà in attesa che fiorisca il Trump che è in noi. Musk si presenta come paladino della libertà di espressione, in lotta contro le burocrazie pubbliche e le istituzioni democratiche. Il suo “libertarismo” si traduce in una forma di autoritarismo algoritmico.

Da X promuove una libertà di parola senza mediazione, piena di disinformazione e abusi, fino alla gestione delle sue imprese (Tesla, SpaceX, Neuralink) come feudi assoluti in cui ogni decisione è centralizzata e incontestabile, Musk rappresenta una nuova versione del potere: tecnocratico, opaco, carismatico, svincolato da qualsiasi meccanismo di controllo democratico. Questo modello dal privato si sta spostando verso settori strategici del governo americano, a partire dall’aereo-spazio. A questa forma di autoritarismo non serve polizia segreta. Basta il codice e l’algoritmo. Il controllo non è più coercitivo, ma predittivo. La sorveglianza non è più vissuta come repressione, ma come servizio. Il dominio si fa dolce, fluido, invisibile. Almeno fin qui. Proprio per questo è più difficile da percepire. Nel mondo disegnato dagli algoritmi, l’altro è sempre un ostacolo. L’interazione umana è inefficiente, incerta, faticosa. Perché perdere tempo a parlare con un operatore umano, quando l’intelligenza artificiale può risolvere il problema in pochi secondi? Perché negoziare, mediare, discutere, quando l’algoritmo può suggerirti la scelta più “razionale”?

La razionalità dell’algoritmo non contempla il dissenso, non tollera l’ambiguità, non ammette l’errore. È una razionalità che si fonda su una visione profondamente solitaria dell’umano: un soggetto consumatore, performante, ottimizzato, sempre connesso, ma mai relazionato. Un soggetto incapace di costruire legami significativi, di provare empatia. E da qui al regno del Postumano il passo è breve. La destra americana rappresentata da Trump ha saputo sfruttare perfettamente questa nuova solitudine di massa. Promette identità dove c’è frammentazione, ordine dove c’è caos, appartenenza dove c’è solitudine. E lo fa costruendo nemici immaginari, alimentando paura, esaltando il conflitto tra “noi” e “loro”, rinunciando alla fragilità della condizione umana. Trump e Musk sono alleati nella demolizione del tessuto democratico. Uno con l’arma dell’estremismo eversivo, l’altro con quella della tecnologia. Entrambi vendono la stessa illusione: che la libertà possa esistere senza comunità, senza responsabilità, senza l’altro.

Contro questo scenario distopico, possiamo tornare a un’immagine potente di Antonio Gramsci: quella delle casematte. Gramsci descriveva le “casematte” come luoghi di resistenza all’egemonia culturale del potere dominante. Spazi – fisici, simbolici, sociali – in cui costruire coscienza critica, produrre contro-narrazione, coltivare l’autonomia del pensiero. Le casematte non sono bastioni chiusi, ma rifugi aperti alla possibilità di un’altra forma di convivenza umana. Oggi, le casematte possono essere collettive, spazi sociali, comunità di quartiere, cooperative digitali, centri culturali, reti online alternative. Tutto ciò che si oppone alla logica della solitudine programmata e della performance individuale è, in fondo, una casamatta gramsciana. Ogni legame che resiste alla disgregazione è un atto rivoluzionario. Ogni rivendicazione del valore d’uso verso il valore di scambio è un atto di ribellione. Gli esseri umani sono soggettività complesse, non mossi solo dal principio di razionalità. Vivono emozioni, si modificano nelle relazioni, piangono, ridono, confliggono, si commuovono.

Il capitalismo autoritario di Musk, le teorie elitarie di Thiel e la destra trumpiana puntano tutto sulla disgregazione sociale, sull’atomizzazione degli individui, sulla costruzione di un mondo in cui essere soli sia la normalità. Ma proprio per questo, ogni gesto di comunità è oggi profondamente trasformativo. Un concerto, un pranzo sociale, un gruppo di lettura. Città per città, luogo per luogo. Non è solo una questione politica, ma esistenziale. Ritrovare il senso dello stare insieme, della solidarietà, della cooperazione, è il primo passo per difendere la democrazia e immaginare un altro presente. Un presente in cui la tecnologia sia al servizio delle relazioni e non della loro distruzione. In cui la libertà non sia il privilegio dei più forti, ma il diritto di tutti a vivere con dignità, insieme. Don Vincenzo Paglia scrive, “Gli uomini e le donne (del nostro tempo) non sentono più il problema della destinazione: né quella personale né quella dei popoli, né quella dell’intera umanità. Viviamo schiacciati nel presente […]. E senza il pensiero di una destinazione non c’è attesa e non c’è più desiderio”.

Casematte è un’idea di mondo, una narrazione che travalica il quotidiano, capace di comporre un quadro di progetti, conflitti, solidarietà su scala globale, a partire dalle comunità locali. Luoghi aperti di socialità extra-mercato in cui mettere in comune il pensare e non il pensiero. Relazioni affettive, coscienza di luogo e di classe saranno principi ordinatori di un ricominciamento di identità in cammino, sottratte alla profilazione di autorità e di mercato. Forse è di questo che abbiamo bisogno. Fraternità, sorellanza, comunità. Non per il Sol dell’Avvenire, ma per una vita che abbia valga la pena di essere vissuta. E anche per sentirci meno soli.

13 Aprile 2025

Condividi l'articolo