La scazzottata tra due Premi Nobel

Quando Mario Vargas Llosa prese a pugni Gabriel García Márquez: la grande amicizia, il caso Padilla, le donne, il giallo del perché

I due geni del boom latinoamericano. All'anteprima di un film il peruviano scagliò un gancio destro al colombiano: la foto con l'occhio nero è diventata iconica. Il caso di un poeta dissidente di Castro a Cuba e il gossip

Cultura - di Antonio Lamorte

14 Aprile 2025 alle 15:57

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COLLAGE DI FOTO DA LAPRESSE
COLLAGE DI FOTO DA LAPRESSE

Assurda, incredibile, clamorosa scazzottata tra due Premi Nobel. Uomini di lettere, pluripremiati, osannati da critica e pubblico come personalità della cultura che la risolvono come in un vecchio bar in qualche favelas. Ancora oggi, a quasi 50 anni, resta avvolto nel mistero l’episodio del pugno scagliato da Mario Vargas Llosa a Gabriel García Márquez: due protagonisti del boom latinoamericano che tra gli anni Sessanta e Settanta diede grande visibilità alla letteratura del Centro e Sud America, forse i due più grandi, entrambi Premi Nobel, uno colombiano e l’altro peruviano, due grandi amici. Almeno fino a quel giorno del 1976, in Messico.

A Márquez il Premio Nobel è stato assegnato nel 1981 “per i suoi lavori caratterizzati da un’ampia prospettiva, ricchezza di idee e potere artistico”. Llosa lo ha vinto nel 2010 per “la sua mappatura delle strutture del potere e per le immagini incisive con cui ha dipinto la resistenza, la rivolta e la sconfitta dell’uomo”. Non se lo aspettava ormai più il Nobel. Era stato giovane di sinistra, sostenitore della rivoluzione cubana di Fidel Castro, ammiratore di Margaret Thatcher, seguace di economisti neoliberisti, candidato di centrodestra, sostenitore di Keiko Fujimori, simpatizzante perfino di Jair Bolsonaro. Era stato molte cose, poche volte comodo, ancora meno prevedibile

Molto tempo prima, però, Llosa aveva dedicato a Cent’anni di solitudine, il capolavoro di Marquez, la sua tesi di dottorato, Storia di un deicidio. Da giovani i due erano stati molto amici, avevano condiviso visioni e posizioni politiche. Almeno fino a quando era esploso il caso di Heberto Padilla: il poeta arrestato e costretto a un’umiliante autocritica pubblicata nel 1971 dopo che aveva attaccato la rivoluzione castrista a Cuba. Llosa si era schierato, aveva organizzato un appello contro la persecuzione che avrebbero firmato anche Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Julio Cortázar, Umberto Eco e Alberto Moravia. Non Gárcia Márquez, che a Castro e a Cuba era strettamente legato, con cui i rapporti si erano raffreddati.

Fino a quel pugno scagliato all’anteprima di un film, in una sala a Città del Messico. Il fotografo Rodrigo Moya ha raccontato – nel libro Solitude and Compagny: The Life of Gabriel García Márquez told with help from his firends, family, fans, arguers, fellow pransters, drunks and a few respectable souls di Silvana Paternostro – di quando lo scrittore colombiano si presentò a casa sua per farsi fotografare con l’occhio nero. “Stavo facendo boxe e ho perso”, aveva detto ridendo. A spiegare fu la moglie, Mercedes. Moya raccontò che Gabo arrivò a salutare l’amico e quello si era girato e lo aveva colpito.

Guillermo Angulo, amico di entrambi, raccontava una questione di donne e gelosia. “Per quello che hai cercato di fare a mia moglie”, avrebbe detto lo scrittore peruviano prima di scagliare il suo colpo al colombiano. Altro che politica, conservatori e rivoluzionari, neoliberisti e socialisti, Castro o Kennedy, le vene aperte dell’America Latina e il Vecchio Continente. La verità non è mai stata chiarita. Pochi i dettagli certi e verificati. Che il pugno, un gancio destro, era stato molto forte. Che nel 2007, in occasione di una nuova edizione di Cent’anni di solitudine, Llosa avrebbe acconsentito a pubblicare una sua prefazione al romanzo.

Llosa, gradualmente e progressivamente, è passato a posizioni sempre più conservatrici. Era il 1990 quando si candidò a Presidente del Perù con la coalizione di centrodestra “Fredemo” e con un programma neoliberale ma vinse Alberto Fujimori, che governò in maniera autoritaria fino al 2000. Lo scrittore si trasferì in Spagna, dove ottenne anche la cittadinanza onoraria. Contrario alla Brexit, alla xenofobia verso i migranti, alla rivoluzione bolivariana di Hugo Chávez, alla Brexit e al secessionismo della Catalogna. Alle elezioni del 2021 appoggiò, scrivendo un articolo su El Pais, la candidatura di Keiko Fujimori, figlia di Alberto, contro la corsa del candidato di sinistra Pedro Castillo in Perù. Così come l’anno dopo disse di preferire la candidatura dell’estremista di ultradestra Jair Bolsonaro al socialista Lula in Brasile.

14 Aprile 2025

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